Il diritto all’integrità mentale e gli strumenti giuridici per tutelarlo
di Mirko Forti
Il progresso scientifico rischia di rendere obsoleto il concetto di autonomia intellettuale. La sfera del pensiero non è più un dominio inviolabile dell’essere umano. Occorre perciò riflettere su quali siano gli strumenti giuridici utilizzabili per tutelare il diritto all’integrità mentale
Le neuro-tecnologie e la “lettura del pensiero”: fantascienza o realtà?
Il progresso nel campo delle neuroscienze e nello sviluppo di tecnologie volte a interagire con il sistema nervoso sembra pressoché inarrestabile. Esistono gli strumenti per monitorare, interpretare e, se necessario, influenzare i processi neurali di un essere umano.
Gli scienziati e i medici possono utilizzare simili tecnologie per indagare la complessità del cervello umano, così come per curare malattie e disordini psicologici. Al di là degli indubbi benefici che le neuro-tecnologie possono avere nel campo della ricerca medica, non devono passare inosservati i possibili risvolti commerciali di questo progresso tecnologico.
Facebook sta sviluppando un’interfaccia computerizzata attraverso la quale decodificare e riportare il pensiero umano direttamente su di un monitor[1]. Allo stesso modo, i ricercatori di Samsung sono al lavoro per costruire un tablet che qualsiasi utente potrà utilizzare solo con la forza della sua mente[2]. Elon Musk sembra volersi spingere ancora oltre, fino a voler raggiungere la perfetta simbiosi tra uomo e Intelligenza Artificiale (IA)[3]. Secondo i piani dell’imprenditore sudafricano, qualsiasi persona potrà impiantarsi una sorta di microchip sviluppato dalla compagnia NeuraLink per raggiungere un nuovo livello di possibilità cognitive e poter quindi interagire anche con sistemi di IA con la sola forza del pensiero.
Diversi Stati stanno valutando l’applicazione di programmi di Intelligenza Artificiale per finalità di sicurezza e ordine pubblico. Il Canada, ad esempio, utilizza sistemi di analisi predittiva per il controllo dei propri confini nazionali durante le procedure di immigrazione[4]. L’obbiettivo è quello di identificare potenziali segnali di allarme e individuare i dati non veritieri nelle richieste di asilo e di visto avanzate da migranti e rifugiati.
Una barriera che sembrava apparentemente invalicabile, quella della mente umana, potrebbe quindi cadere sotto i colpi di applicazioni tecnologiche che sarebbero apparse come fantascientifiche fino a pochi anni fa. Lo storico angloirlandese J.B.Bury nel 1913 scriveva che “a un uomo non può essere impedito di pensare qualsiasi cosa voglia a patto che nasconda i suoi pensieri”[5]. Questa affermazione è ancora valida? Esiste un diritto all’integrità mentale? In caso di risposta affermativa, quali sono gli strumenti normativi esistenti posti a sua tutela?
Per poter rispondere a queste domande, occorre però capire quali sono le moderne tecnologie che allo stato attuale possono identificare, ed eventualmente influenzare, i processi neurali dell’essere umano.
Le tecnologie che permettono di esplorare (e alterare) la mente umana
Esistono attualmente diverse tecniche che permettono agli esseri umani di indagare gli aspetti più reconditi della propria mente per i più diversi scopi, dagli intenti medici a quelli commerciali[6].
Le tecnologie di brain-imaging, come l’elettroencefalografia o la risonanza magnetica funzionale, possono fornire informazioni sulle strutture biologiche del sistema nervoso e sul loro ruolo nei processi decisionali. Gli scienziati sono in grado di individuare come rispondono determinate aree del cervello a precisi stimoli. Questi dati, oltre che per scopi medici, possono essere utilizzati anche a fini commerciali: il neuromarketing si occupa di studiare le reazioni neurali dei possibili clienti per individuare le strategie di pubblicità più efficaci[7].
La stimolazione cerebrale elettrica o magnetica, condotta attraverso dispositivi medici impiantati o fissati sul cranio, viene comunemente utilizzata per la cura di malattie e disordini psicologici come il morbo di Parkinson. Questo trattamento medico solleva però numerose perplessità etiche: la stimolazione del cervello può infatti influenzare il comportamento del paziente in maniera tale da suscitare perplessità in merito al mantenimento della medesima identità personale[8].
Diversi psicofarmaci impiegati per curare diverse malattie psichiatriche possono avere i medesimi effetti collaterali, avendo però come effetti collaterali la possibilità di alterare i tratti della personalità dei pazienti.
Al di là di applicazioni mediche e farmacologiche, esistono altri metodi per “leggere la mente” di potenziali clienti. Sempre più aziende fanno infatti riferimento a complessi software algoritmici per analizzare le scelte dei consumatori e prevedere perciò, se non addirittura influenzare, i successivi acquisti. Questo può accadere anche su base individuale, con l’invio di messaggi pubblicitari “targettizzati” sulle esigenze della specifica persona. Si tratta del fenomeno di micro-targeting, che può avere importanti ripercussioni anche nel campo della politica e della comunicazione elettorale[9].
Queste sono solo alcune delle tecnologie e dei ritrovati medici che attualmente permettono agli uomini di indagare sulla mente umana e di influenzarne i processi cognitivi. Le conseguenze di tutto ciò possono però essere devastanti in termini di tutela dei diritti umani quali la privacy, la libertà di pensiero e la non discriminazione. Sono parimenti numerose le questioni etiche: i pazienti che subiscono alterazioni dei propri comportamenti possono dire di mantenere la propria identità personale?
Occorre perciò capire quali strumenti normativi il diritto può mettere a disposizione per tutelare l’integrità della mente umana.
Il diritto e il cervello umano: una tutela possibile?
Il mondo delle neuroscienze e del diritto hanno diversi tratti in comune[10]. Il primo si occupa infatti di capire i processi biologici alla base dei comportamenti umani, mentre il secondo vuole regolare tali comportamenti.
Il concetto di libertà cognitiva e autonomia intellettuale è complesso e pieno di sfaccettature. Ha una duplice dimensione, sia positiva che negativa: da una parte la possibilità per il singolo individuo di avvalersi di neurotecnologie, dall’altra il diritto di non essere sottoposto coercitivamente a simili trattamenti[11]. Comporta la libertà di cambiare le proprie convinzioni se lo si ritiene necessario e di resistere alle ingerenze esterne all’indipendenza e alla propria autonomia mentale[12]. La libertà cognitiva, consistente nella possibilità di controllare i propri processi decisionali, si configura quindi come elemento imprescindibile per l’esercizio di ogni ulteriore facoltà[13].
A tal punto si può far riferimento al concetto di privacy mentale[14]. Le tecnologie a cui si faceva prima riferimento, oltre a permettere importanti avanzamenti nel campo medico e della ricerca, possono comportare significativi rischi per la propria riservatezza e autonomia cognitiva. Non ci sono attualmente salvaguardie per impedire che la propria mente venga involontariamente (o intenzionalmente) letta e interpretata da terze parti[15].
Il diritto alla privacy è ampiamente riconosciuto nel diritto internazionale attraverso numerosi trattati e convenzioni e non è questa la sede adatta per un’analisi completa di tali documenti.
Si può però ricordare che il Regolamento (UE) 2016/679[16], noto anche come GDPR, si applica ai dati personali, definiti come qualsiasi informazione che possa identificare o rendere identificabile un determinato soggetto (art.4). Il pensiero, o più precisamente l’attività cerebrale che lo genera, è certamente connaturato ad uno specifico individuo. Ogni cervello reagisce attraverso schemi biologici peculiari. Occorre inoltre considerare che, nel caso di specie, il dato da tutelare (il processo neurale) è indistinguibile dalla fonte che lo ha generato (il cervello)[17]. Potrebbe quindi non essere peregrino estendere la tutela fornita dagli strumenti normativi di riferimento dell’ambito privacy, in primis il GDPR, anche al pensiero umano.
Questo però non deve far credere che non ci sia bisogno di ulteriori accorgimenti nel campo. Il GDPR potrebbe funzionare come strumento di tutela “temporanea” per far sì che l’integrità mentale non rimanga senza una salvaguardia normativa di alcun tipo nel frattempo in cui si forma un nuovo approccio politico e legislativo a tale materia. Occorre infatti un riconoscimento formale del diritto all’integrità mentale alla luce degli avanzamenti tecnologici che potrebbero comportare nuovi rischi per la sua esistenza. Di conseguenza, l’utilizzo delle neurotecnologie a cui si è fatto prima riferimento deve essere attentamente regolamentato, evidenziando i limiti che non possono essere superati per salvaguardare non solo l’indipendenza cognitiva del soggetto, ma anche la sua continuità psicologica e individuale.
[1] PALMER A., Facebook is getting closer to making its brain-reading computer a reality, in CNBC, 30 Luglio 2019, https://www.cnbc.com/2019/07/30/facebook-is-still-working-on-its-brain-reading-computer.html, (ultimo accesso 8 Novembre 2020).
[2] ROJAHN S.Y., Samsung demos a tablet controlled by your brain, in MIT Technology Review, 19 Aprile 2013, https://www.technologyreview.com/2013/04/19/253309/samsung-demos-a-tablet-controlled-by-your-brain/, (ultimo accesso 8 Novembre 2020).
[3] WAKEFIELD J., Elon Musk reveals brain-hacking plans, in BBC Tech News, 17 Luglio 2019, https://www.bbc.com/news/technology-49004004, (ultimo accesso 8 Novembre 2020).
[4] KEUNG N., Canadian Immigration Applications could soon be assessed by computers, in The Star, 5 Gennaio 2017, https://www.thestar.com/news/immigration/2017/01/05/immigration-applications-could-soon-be-assessed-by-computers.html, (ultimo accesso 13 Novembre 2020).
[5] BURY J.B., A history of freedom of thought, Londra, 1914.
[6] SOMMAGGIO P et al., Cognitive liberty. A first step towards a human neuro-rights declaration, in BioLaw Journal, http://rivista.biodiritto.org/ojs/index.php?journal=biolaw&page=article&op=view&path%5B%5D=255, (ultimo accesso 13 Novembre 2020).
[7] ILLES I, MIZGALEWICZ A, Neuromarketing: at the intersection of technology, privacy and choice, in Medical Ethics, n.19:1, 2012, pp.2-8.
[8] SCHERMER M, Ethical issues in deep brain stimulation, in Frontiers in Integrative Neuroscience, n.5:17, 2011, https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC3096836/, (ultimo accesso 14 Novembre 2020).
[9] Privacy International, Why we are concerned about profiling and micro-targeting in elections, https://privacyinternational.org/news-analysis/3735/why-were-concerned-about-profiling-and-micro-targeting-elections, (ultimo accesso il 15 Novembre 2020).
[10] GOODENOUGH OR., TUCKER M., Law and cognitive neuroscience, in Annual Review of Law and Social Science, n.6, 2010, pp.61-92.
[11] BUBLITZ J.C., My mind is mine!?, Cognitive liberty as a legal concept, in HILDT E., FRANK AG. (a cura di), Cognitive enhancement. An interdisciplinary perspective, Springer, 2013, pp.233 ss.
[12] BUBLITZ J.C., ibidem.
[13] SENTENTIA W., Neuroethical considerations: cognitive liberty and converging technologies from improving human cognition, in Annuals of New York Academy of Science, n.1013(1), 2014, pp.221-8.
[14] IENCA M., ANDORNO R., Towards new human rights in the age of neuroscience and neurotechnology, in Life sciences, society and policy, n.13, 2017, https://lsspjournal.biomedcentral.com/articles/10.1186/s40504-017-0050-1#Sec4, (ultimo accesso il 15 Novembre 2020).
[15] IENCA M., ANDORNO R., ibidem.
[16] Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE.
[17] IENCA M., ANDORNO R., cit.
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