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Force Majeure e contrattualistica ai tempi del Coronavirus

di Anna Capoluongo


L’avvento e la diffusione di COVID-19 o Coronavirus ha messo e sta mettendo tutt’ora a dura prova l’efficienza, l’operatività e la produttività di moltissime aziende, tanto su territorio nazionale quanto estero e mondiale.

Per quanto riguarda l’Italia, le complicazioni hanno riguardato anzitutto ed in prima battuta i profili di gestione del personale e sicurezza sul lavoro ex D.lgs. 81/2008, i connessi obblighi derivanti dall’applicazione del D.lgs. 231/2001, le norme giuslavoristiche, lo smart working e di certo anche i rilievi in materia di protezione dei dati personali delle persone fisiche, ovverosia GDPR, Codice Privacy[1] e provvedimenti dell’Autorità Garante.

A cascata, l’ondata di pandemia ha travolto anche le basi stesse del tessuto commerciale, ovverosia i contratti stipulati da e tra queste stesse società.

Ma in che modo un virus può impattare sulla regolamentazione contrattuale? 

E quali sono le tutele o i meccanismi previsti dalla normativa?

Punto focale è proprio l’impossibilità di dar corso alle prestazioni ed alle obbligazioni assunte e dunque l’esistenza della causa di un contratto a cui però non viene permesso di “funzionare” per il sopravvenire di circostanze impeditive.

La spada di Damocle, pertanto, è l’inadempimento ex 1218[2] c.c.

A tutela dell’equilibrio contrattuale, nel nostro ordinamento l’articolo 1463[3] del codice civile, che prevede la possibilità di scioglimento del vincolo creatosi tra le parti, recita così: “nei contratti con prestazioni corrispettive, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta non può chiedere la controprestazione e, deve restituire quella che abbia già ricevuta, secondo le norme relative alla ripetizione dell’indebito”.

Merita un accenno anche l’ipotesi dell’eccessiva onerosità sopravvenuta, prevista all’articolo 1467 c.c., in base alla quale nei contratti a esecuzione continuata o periodica ovvero a esecuzione differita, se la prestazione di una delle parti è divenuta eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve tale prestazione può domandare la risoluzione del contratto.

In questo caso il ri-equilibrio può essere attivato dall’altra parte mediante l’offerta di equa modifica delle condizioni contrattuali. 

Con riferimento a Covid-19, l’ipotesi di rifarsi alla cd. hardship[4] non sembra poi tanto peregrina, visti gli effetti del virus sulle dinamiche del commercio internazionale.

La citata “sopravvenuta impossibilità” può ravvisarsi, però, più nello specifico, anche nella cd. “causa di forza maggiore”, che non essendo concetto univoco e potendo variare da Paese a Paese e persino da contratto a contratto, ha la peculiarità di richiedere una valutazione ad hoc, specifica cioè per quel singolo e determinato rapporto contrattuale.

In tal senso sarà necessario distinguere, in primis, tra ambito nazionale ed internazionale.

In Italia, pur non esistendo una definizione vera e propria di tale termine[5], ci si può riferire ad alcune norme del Codice Civile che individuano in via generica tale concetto, e così ad esempio gli articoli 1467 e 1785 c.c., rispettivamente riferiti al contratto con prestazioni corrispettive ed alla responsabilità dell’albergatore, cui si rimanda.

Caratteristiche imprescindibili della causa di forza maggiore risultano, quindi, essere la straordinarietà ed imprevedibilità, che la Corte di Cassazione[6] ha individuato come segue: 

  • la straordinarietà ha carattere obiettivo e deve trattarsi di un evento anomalo, misurabile e quantificabile sulla base di elementi quali la sua intensità e dimensione.
  • l’imprevedibilità, invece, ha natura soggettiva e riguarda la capacità conoscitiva e la diligenza della parte contraente.

In ambito internazionale, invece, tale fattispecie viene a delinearsi in più di un testo normativo, e così ad esempio nella Convenzione di Vienna del 1980, all’articolo 79 c. 1, l’estraneità dell’accadimento alla sfera di controllo dell’obbligato, la non prevedibilità dell’evento e l’insormontabilità del fatto vengono individuate quali caratteristiche identificative della forza maggiore.

La medesima definizione viene data anche all’interno della ICC Force Majeure Clause 2003 (ICC Clause), con espressa previsione – all’articolo 3 – degli eventi che determinano l’applicazione di tale clausola.

Infine, quali fonti internazionali sul punto, possono essere citati i principi UNIDROIT e i Principles of European Contract Law (art. 8.108).

I primi, ad esempio, all’articolo 7.1.7, prevedono che la parte inadempiente sia esonerata da responsabilità se l’inadempimento è dovuto ad un impedimento derivante da circostanze estranee alla sua sfera di controllo, e che la parte stessa non era ragionevolmente tenuta a prevedere al momento della conclusione del contratto o ad evitare o a superarne le conseguenze. 

Di norma, quindi, sono considerate cause di forza maggiore le catastrofi naturali e gli eventi umani di particolare gravità, quali ad esempio terrorismo e guerre, salvo previsione espressa di ulteriori ipotesi da parte dei contraenti.

Va, inoltre, specificato che se il verificarsi della causa rende la prestazione parzialmente ineseguibile, l’esonero da responsabilità varrà solo per quella parte di prestazione divenuta impossibile.

Sempre in ambito internazionale, anche in virtù dell’origine del Coronavirus, è interessante approfondire come anche in Cina vigano principi del tutto simili, e così il concetto di forza maggiore si ritrova all’interno dei “Principi generali del diritto civile della Repubblica popolare cinese” e il “Diritto contrattuale della Repubblica popolare cinese”, secondo i quali in caso di eventi imprevedibili, inevitabili o insormontabili, viene esclusa la responsabilità della parte inadempiente e viene prevista la facoltà di recesso.

Nel 2003, ad esempio, l’epidemia di SARS fu ritenuta dalla Corte Suprema cinese una causa di forza maggiore a tutti gli effetti e ad oggi il China Council for the Promotion of International Trade sta mettendo a disposizione dei “certificati di forza maggiore” al fine di attestare che l’eventuale ritardo o inadempimento contrattuale sia direttamente causato dall’epidemia. 

Non va, infine, dimenticato che la materia in oggetto è di piena applicazione anche per i contratti informatici, quali ad esempio quelli relativi alla gestione dei dati nel cloud computing.

In tale ambito e per gli aspetti che qui interessano, rileveranno in primis i profili di responsabilità per mancato raggiungimento degli SLA o livelli minimi di servizio.

E’ giusto il caso di fare chiarezza sul fatto che, non esistendo una categoria prefissata di contratti in ambito informatico, ciò che diventa perno della struttura è l’utilizzo e, più che altro, il corretto adattamento delle tipologie civilistiche al mondo nuovo delle tecnologie. 

L’attenzione va, quindi, focalizzata sulla componente di rischio.

Ecco che, dunque, una corretta stesura delle clausole risulta di fondamentale importanza, anche e soprattutto avendo riguardo alle “eccezioni contrattuali” che si possono ricondurre sostanzialmente a tre ipotesi: forza maggiore; fatto di fornitori terzi; fatto degli utenti.Nel caso di specie, non si cada nell’errore di inserire – oltre ad eventi che siano effettivamente al di fuori del controllo del provider – circostanze di norma non riconducibili al concetto di forza maggiore, quali, ad esempio, guasti hardware, interruzioni di corrente o guasti causati da altri utenti.


[1] Sul punto si veda anche https://www.cyberlaws.it/2020/coronavirus-come-trattare-i-dati-personali-nellemergenza/.

[2] Responsabilità del debitore: “Il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile”. 

[3] Da leggersi in combinato disposto con gli articoli 1218c.c. e 1256 c.c.

[4] Si veda ICC Hardship Clause 2003.

[5] Ad esempio è stata definita come “quell’evento che impedisca la regolare esecuzione del contratto e renda, inoltre, inefficace qualsiasi azione dell’obbligato diretta ad eliminarlo”, precisando che “non deve essere dipeso da azioni od omissioni dirette od indirette del debitore”, sentenza n. 965 della Cass. Pen., sez. V, 28 febbraio 1997.

[6] Sentenza n. 12235, Cass, sez. III, 25 maggio 2007.


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