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COVID -19: nuova arma nel disinformation warfare

di Niccolò Nalesso


Negli ultimi anni abbiamo assistito alla rapida diffusione di termini quali “disinformazione” e “fake news”[1]. Con tali espressioni si fa riferimento all’intenzionale manipolazione e diffusione di informazioni non veritiere al fine di influenzare l’opinione pubblica in merito a predeterminate tematiche di interesse.

L’utilizzo distorto dell’informazione può effettivamente costituire un’arma formidabile nel contesto geopolitico internazionale. Basti pensare al coinvolgimento della propaganda russa nelle elezioni presidenziali statunitensi del 2016[2].

Invero, tutte le grandi potenze mondiali hanno inserito nel proprio arsenale la capacità di influenzare la percezione degli eventi in modo da orientare l’opinione pubblica a proprio favore e contro i propri avversari.

Russia e Cina, in particolare, sembrano aver elaborato una nuova strategia di disinformazione con oggetto il virus Covid-19, allo scopo di influenzare la percezione di massa in merito al luogo d’origine della pandemia ed alle modalità di gestione della crisi da parte degli Stati occidentali.

Luogo d’origine del Covid-19

Sul fronte russo le strategie di disinformazione vengono perpetrate sin dagli anni della Guerra Fredda, mentre ora rientrano all’interno della cosiddetta dottrina Gerasimov. Quest’ultima, elaborata dall’attuale Capo di Stato Maggiore dell’esercito russo, afferma che le nuove guerre vadano combattute anche attraverso fattori socio–economici e con la partecipazione di attori non militari, come aziende private o identità civili di vario tipo, che si muovano dall’ambito politico a quello economico[3].

Il Covid-19 ha dunque fornito un nuovo pretesto per la diffusione di fake news che mirano alla destabilizzazione dei Paesi occidentali, seminando panico ed enfatizzando la capacità dei sistemi non democratici – quali la Russia – di contenere la diffusione del virus.

Particolare rilievo è stato attribuito alla pseudo news, ripresa dalla televisione russa REN-TV (molto vicina al Cremlino), che individua l’origine del coronavirus nel Lugar Research Center, centro di ricerca medica sito in Georgia, dove gli Stati Uniti avrebbero intenzionalmente sviluppato un’arma biologica da utilizzare contro la Russia.

Del resto, non è la prima volta che la Russia individua negli Stati Uniti la fonte dello sviluppo di un virus letale. Negli anni ’80, con l’operazione denominata Infektion, veniva diffusa la teoria secondo cui l’HIV/AIDS sarebbe stato sviluppato nel nell’ambito di un progetto di ricerca sulle armi biologiche a Fort Detrick, nel Maryland [4].

L’odierna strategia russa consiste invece nell’impostare una narrazione preventiva che, in linea con gli interessi dello Stato, vada a creare confusione in merito a determinate tematiche sensibili attraverso un ampio utilizzo di informazioni differenti, ed a volte contrastanti, “leaks” e “rivelazioni sconvolgenti”.

Nel caso specifico, si cerca di diffondere l’idea per cui non sia possibile riporre fiducia nei governi, nei sistemi sanitari, nell’industria farmaceutica e nelle organizzazioni internazionali. I Paesi occidentali non sarebbero in grado di contenere la diffusione del virus, mentre Stati Uniti e Unione Europea si troverebbero al collasso ed avrebbero abbandonato i propri partner strategici.

Non ultima, rileva la propaganda russa atta a collegare la gestione del virus con alcune delicate vicende internazionali. Viene, infatti, diffusa l’idea che Stati Uniti ed UE abbiano abbandonato l’Ucraina al proprio destino nella gestione della pandemia, e che le sanzioni internazionali poste in capo alla Russia impediscano alla stessa di fornire aiuti umanitari alla Siria, con conseguente impennata del numero di decessi in un Paese già distrutto da un decennio di guerra civile[5].

Chiaramente viene anche fatto ampio utilizzo dei social network. Molti account pro-Cremlino riportano immagini e video raffiguranti cittadini europei che sostituiscono bandiere dell’UE con bandiere russe, unitamente a veicoli militari del Cremlino che circolano nelle strade italiane[6].

E’ utile in tal senso riportare le recenti dichiarazioni di Agnieszka Legucka, tra i maggiori esperti mondiali del settore e ricercatrice presso l’Istituto polacco per gli Affari internazionali, secondo cui “la Russia mira a dividere l’Unione Europea”, veicolando l’idea che “le democrazie occidentali non sono in grado di aiutare il loro popolo, e che solo Paesi forti come la Russia e la Cina sono in grado di gestire il coronavirus”[7].

Appare quindi evidente la ricerca di un nemico esterno contro il quale indirizzare la propria retorica, e che consenta di rafforzare il senso di identità di gruppo della popolazione russa. Quest’ultimo aspetto è particolarmente importante per il presidente Vladimir Putin, a maggior ragione in vista dell’indetto referendum costituzionale che gli consentirebbe di rimanere in carica (almeno) fino al 2036[8].

In maniera simile, le mosse della Cina sono al momento indirizzate a restaurare la propria immagine di potenza responsabile agli occhi del mondo. In primis, per tutelare gli investimenti nella nota Belt and Road Initiative (BRI), ma altresì per recuperare credibilità agli occhi della propria popolazione, colpita nuovamente da un virus letale a nemmeno vent’anni dall’epidemia Sars del 2002-2003.

Tuttavia, non può certo dirsi mutato il reale obiettivo di lungo termine: sostituire gli Stati Uniti quale leader mondiale, e contestualmente diffondere in tutto il globo il proprio modello di società.

L’elemento chiave della disinformazione perpetrata dalla Cina è l’accusa che il Covid-19 sia un’arma biologica militare statunitense diffusa intenzionalmente nel territorio cinese. In particolare, viene narrato che il virus sia stato trasportato a Wuhan da militari statunitensi che avrebbero in precedenza infettato il proprio corpo durante la partecipazione ai Giochi Mondiali Militari tenutisi a Wuhan nell’ottobre 2019.

La notizia è stata messa in risalto da Zhao Lijian, portavoce del ministero degli Esteri cinese, che ha ritwittato un articolo pubblicato da un sito web canadese noto per la diffusione di teorie cospirative.

Il fatto che un portavoce ufficiale del ministero degli Esteri abbia contribuito a diffondere la pseudo informazione su Twitter suggerisce che la manovra sia stata guidata dal regime stesso, molto impegnato a convincere – con un certo successo – la propria popolazione che lo scoppio dell’epidemia sia da imputare ad un nemico esterno[9].

Al momento non si ravvisano mosse significative da parte degli Stati Uniti ad eccezione degli interventi del presidente Donald Trump, che si è sempre riferito alla pandemia con il termine “virus cinese”. Egli stesso ha dichiarato che “Non me ne pento, ma ci hanno accusato di averlo fatto attraverso i nostri soldati, hanno detto che i nostri soldati l’hanno fatto apposta, che razza di cosa è questa?”.

Gli effetti di tale presa di posizione si sono riverberati anche nel G7 dello scorso marzo, ove pare che i Ministri degli Esteri non abbiano potuto produrre una dichiarazione finale in quanto il Dipartimento di Stato USA avrebbe posto come condizione imprescindibile il denominare il Covid-19 come “Wuhan virus”.

Gestione della pandemia

Un secondo aspetto delle campagne disinformative russo-cinesi consiste nel persuadere circa il fatto che Mosca e Pechino siano in cima alla classifica in merito all’efficace gestione della pandemia e nel fornire supporto agli altri Paesi colpiti dalla stessa.

La Cina, il Paese che è stato colpito per primo, vuole ora dimostrare di avere il virus sotto controllo, e che città come Pechino e persino Wuhan stanno tornando alla normalità con rallentamento dei tassi di mortalità e di nuove infezioni.

Tuttavia, l’intelligence statunitense ha recentemente trasmesso al presidente Donald Trump prove secondo cui il governo cinese, al fine di limitare i danni reputazionali agli occhi della popolazione mondiale, avrebbe fornito dati falsificati circa il numero di pazienti infetti da Covid-19 e circa il relativo numero di decessi. Per contro, quest’ultimo dato sarebbe pari ad almeno il doppio rispetto al conteggio riportato ufficialmente[10].

Sorprendentemente sulla stessa linea si è posto anche il regime iraniano. Kianoush Jahanpour, portavoce del ministero della salute, ha messo in dubbio le statistiche cinesi inziali, evidenziando che le stesse hanno indotto la comunità internazionale a considerare il Covid-19 come una banale influenza stagionale. L’intervento ha destato molto scalpore, dal momento che la Cina è il principale acquirente del petrolio iraniano e rappresenta pertanto un partner indispensabile per un Paese sottoposto a pesanti sanzioni internazionali.

A sua volta il Cremlino, fino a pochi giorni fa, indicava un tasso di diffusione del Covid-19 estremamente basso e con un solo decesso ufficiale. Ora, di fronte all’allargarsi del contagio, il governo russo ha deciso di sospendere tutte le attività produttive e commerciali fino alla fine del mese.

L’asserita efficacia nella gestione della pandemia è alla base delle donazioni di aiuti medici da parte di Russia e Cina ai Paesi del mondo messi in ginocchio dal virus. Vediamo alcuni dati che hanno contribuito a ridefinire l’approccio cinese come “diplomazia delle mascherine”[11]: nelle ultime settimane Pechino ha donato centinaia di migliaia di maschere chirurgiche, kit diagnostici e tute protettive alle Filippine, al Pakistan, a ciascuno dei trentanove Stati africani colpiti dal virus[12], ha inviato squadre di medici in Iran, Iraq, Italia e Spagna ed ha esteso un prestito del valore di 500 milioni di dollari allo Sri Lanka.

Tuttavia, pare utile riportare quanto riferito dal quotidiano La Stampa, a firma di Jacopo Iacoboni, circa gli aiuti ricevuti dal nostro Paese: l’80% dell’attrezzatura medica fornita dalla Russia si sarebbe rivelata “inutile”, mentre i test donati dalla Cina sarebbero stati restituiti al mittente in quanto inadeguati a rilevare la maggior parte dei casi di infezione. Il giornalista paventa altresì la possibilità che la Russia, attraverso l’invio di attrezzature e personale medico, abbia introdotto in Italia ufficiali del proprio servizio di intelligence militare (GRU).

Ne è scaturito un incidente diplomatico tra Italia e Russia, che ha pensato bene di rispondere al giornalista attraverso il proprio Ministero della Difesa con modalità intimidatorie: “Chi scava una fossa, in essa precipita”.[13]


Note bibliografiche:

[1] Fake news è stata eletta “Parola dell’anno” dal Collins Dictionary nel 2017.

[2] Per un riassunto essenziale si veda: https://www.ilpost.it/2018/12/17/rapporto-senato-interferenze-russia-elezioni-statunitensi-2016/

[3] Per approfondire v. “La dottrina Gerasimov e la filosofia della guerra non convenzionale nella strategia russa contemporanea” di N. Cristadoro, 2018.

[4] Per approfondimenti: https://www.cia.gov/library/center-for-the-study-of-intelligence/csi-publications/csi-studies/studies/vol53no4/pdf/U-%20Boghardt-AIDS-Made%20in%20the%20USA-17Dec.pdf

[5] La task force East StratCom del Servizio europeo per l’azione esterna (EEAS) ha elaborato un elenco in continuo aggiornamento delle principali fake news relative al Covid-19. https://euvsdisinfo.eu/category/blog/coronavirus/

[6] Rossyia TV commenta sarcasticamente che convogli militari russi circolano nelle strade della NATO.

[7] https://carnegieeurope.eu/strategiceurope/81322

[8] Per approfondire si veda Eleonora Tafuro Ambrosetti in: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/costituzione-nuova-la-vecchia-russia-25367

[9] Questo è quanto sostiene Bill Bishop, noto China Watcher che cura la newsletter Sinocism, secondo cui “il Ministero della Propaganda non sembra respingere la diffusione dell’origine del virus e le voci anti-americane di Zhao o di altri sui media ufficiali e sui social media. Wang Huning e il suo sistema di propaganda permetterebbero a questa spazzatura di rimanere senza censure se Xi fosse contrario?”.

[10] Per approfondimenti: https://www.bloomberg.com/news/articles/2020-04-01/china-concealed-extent-of-virus-outbreak-u-s-intelligence-says. Si veda anche https://www.theatlantic.com/politics/archive/2020/04/world-health-organization-blame-pandemic-coronavirus/609820/

[11] Si veda Giulia Sciorati in: https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/la-diplomazia-delle-mascherine-il-nuovo-soft-power-della-cina-25554

[12] La donazione agli Stati africani è avvenuta tramite la Jack Ma Foundation, ente benefico del fondatore del gigante dell’e-commerce Alibaba.

[13] https://www.lastampa.it/2020/04/07/news/caso-russia-e-minacce-a-la-stampa-interrogazione-parlamentare-dalla-maggioranza-a-conte-1.38690477


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