La disintermediazione e il futuro del sistema finanziario
di Maria Lillà Montagnani e Mirta Cavallo
Il presente articolo è un estratto di “L’industria finanziaria tra FinTech e TechFin: prime riflessioni su blockchain e smart contract”, pre-stampa Zanichelli, 2019.
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Come illustrato nei precedenti articoli (v. i link sopra) sono numerosi i vantaggi – ma anche i rischi – connessi all’adozione della blockchain e degli smart contract nel settore finanziario, legati alle peculiarità per un verso della tecnologia stessa, come l’immodificabilità degli scambi registrati, e per altro verso del settore in cui viene impiegata, ove si ricorre a clausole standardizzate e misurabili per le transazioni finanziarie. Al di là tuttavia di un possibile felice connubio tra blockchain e finanza, che potrà essere più o meno facilitato dalle decisioni in merito alla regolamentazione che si andranno a prendere, resta il fatto che un massiccio impiego di questa tecnologia nel settore bancario e finanziario apre una questione di natura sistemica circa il futuro della funzione di intermediazionebasata su un rapporto fiduciario. Data la natura della blockchain è infatti lecito domandarsi se la conclusione di transazioni finanziarie continuerà a richiedere l’interposizione di un intermediario finanziario che garantisca l’affidabilità del sistema, oppure non saranno sufficienti marketplace e tecnologia a mettere i clienti in contatto diretto tra loro e permetterne il soddisfacimento degli interessi.
A tal proposito, il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria[1]ha per un verso analizzato i diversi approcci strategiciche potrebbero essereadottati dagli operatori tradizionali e, per altro verso, individuato icinque possibili scenari cui lo sviluppo del FinTech potrebbe condurre, scenari diversi in base al grado di disintermediazione che potrebbe subire l’attuale sistema finanziario[2].
Dal punto di vista strategico si può ritenere che i soggetti al momento attivi nell’ecosistema finanziario potrebbero limitarsi, in attica cautelare, a “wait and see”, oppure, all’opposto, potrebbero sviluppare al loro interno nuove tecnologie per rinnovare le modalità di produzione, l’offerta di servizi, i canali distributivi e il rapporto con i clienti. Si potrebbero inoltre instaurare sinergie con le imprese FinTech e TechFin – tramite, ad esempio, la conclusione di joint venture, partnership, acquisizione di partecipazioni, etc. – o, ancora, procedere all’esternalizzazione di alcune attività finanziarie alle imprese FinTech, così da poter operare in spazi al momento non regolamentati[3].
Entrando invece nel particolare delle possibili trasformazioni dell’industria finanziaria e degli scenari identificati sempre dal Comitato di Basilea, si rinviene in primo luogo l’ipotesi della “banca migliore” (“the better bank”), ove gli incumbent (ad esempi Barclays e Société Générale) si confermano gli operatori dominanti del settore, dopo aver investito in innovazioni tecnologiche e aver adottato nuovi business model, così mantenendo salda la fiducia della propria base di clienti.
Un’alternativa, nota come lo scenario della “nuova banca” (“the new bank”), è che si affermino nuove banche pensate e create proprio per l’età digitale, quale ad esempio Starling. Pur trattandosi sempre di banche, queste si sostituirebbero agli incumbent per la capacità di sfruttare al meglio le nuove tecnologie, offrendo servizi più smart, flessibili ed economici.
Negli scenari della “banca distribuita” (“the distributed bank”) e della “banca retrocessa” (“the relegated bank”) gli incumbent non scomparirebbero dal mercato – come nel precedente scenario – ma sarebbero affiancati da imprese FinTech e TechFin. La peculiarità è che il contatto tra incumbent, imprese FinTech e imprese TechFin, da un lato, e clienti, dall’altro, avverrebbe per il tramite di aggregatori di servizi finanziari che permettono agli utenti di accedere a più fornitori con un unico login e un’unica interfaccia, oltre ad usufruire di servizi di comparazione.
Infine, nello scenario più estremo, quello della “banca disintermediata” (“the disintermediated bank”), gli incumbent non si rinnoverebbero adeguatamente e soccomberebbero al processo di completa disintermediazione trainato dalle nuove tecnologie, lasciando soltanto a imprese FinTech e TechFin l’offerta di prodotti e servizi finanziari – resi soprattutto tramite infrastrutture basate su blockchain. Queste imprese godrebbero di una forte fidelizzazione della clientela e offrirebbero ai propri utenti la possibilità di usufruire di servizi di pagamento, finanziamento, consulenza, etc., mentre compiono attività quotidiane, come acquisti online (es. Amazon Pay), o mente navigano sui social network[4].
Quest’ultimo scenario potrebbe in parte avvicinarsi a quanto prospettato, già nel 1988, nel Manifesto dei Cripto Anarchici di Timothy C. May[5], secondo il quale la critpoanarchia “creerà un mercato liquido per qualsiasi cosa che può essere messa in parole e immagini”, con la conseguenza che “questi sviluppi altereranno completamente la natura della regolamentazione governativa, la capacità di tassare e di controllare le interazioni economiche, la capacità di mantenere segrete le informazioni e sarà persino modificata la stessa natura di fiducia e reputazione”[6].
Pur senza aderire a posizioni tanto radicali, che ipotizzano peraltro scenari chiaramente esclusi dall’ESMA[7], non manca chi si domanda se la blockchain sia da considerare soltanto un’isolata ribellione o non rappresenti invece una grande rivoluzione destinata a ridisegnare il volto della società come la conosciamo[8]. Ad oggi una risposta non è ipotizzabile, quello che però è verosimile accada è che lo sviluppo della blockchain – e delle altre DLTs – e la diffusione delle sue applicazioni, come gli smart contract, modifichino le modalità con cui gestire i titoli di proprietà, trasferire asset, concludere transazioni e conservare dati. È infatti già in corso, come qui evidenziato, un processo per cui in un futuro non troppo lontano, servizi bancari e finanziari si potrebbero trovare nella situazione di utilizzare la blockchain come strumento di supporto per migliorare e innovarne le proprie organizzazioni, i propri business model e le proprie performance[9].
[1]Il Comitato di Basilea per lavigilanza bancariaè un’organizzazione istituita nel 1974 da parte dei governatori delle Banche centrali del G10 per sviluppare la collaborazione tra le autorità di vigilanza bancaria.
[2]Basel Committee on Banking Supervision (BIS-BCBS), Sound Practices. Implications of fintech developments for banks and bank supervisors, 2018, disponibile all’indirizzo internet https://www.bis.org/bcbs/publ/d431.pdf.
[3]C. Schena, A. Tanda, C. Arlotta, G. Potenza, Opportunità e rischi per l’industria finanziaria nell’era digitale, cit., p. 91.
[4]Per un commento di questi scenari, si veda altresì Id., p. 87.
[5]T.C. May, The Crypto Anarchist Manifesto, 1988, disponiile all’indirizzo internet https://www.activism.net/cypherpunk/crypto-anarchy.html.
[6]Traduzione del Manifesto dei Cripto Anarchici di Timothy C. May tratta da S. Capaccioli, Smart contract: traiettoria di un’utopia divenuta attuabile, cit., pp. 26 e ss., il quale si conclude con l’esortazione “Alzati, non hai niente da persere, se non le recinzioni di filo spinato!”.
([7]) ESMA, The Distributed Ledger Technology Applied to Securities Markets, cit., p. 2: “ESMA sees as unlikely for DLT to eliminate the need for financial market infrastructures, such as Central Counterparties(‘CCPs’) and Central Securities Depositories (‘CSDs’). Yet, ESMA realises that DLT mayrender some processes redundant or change the role of certain intermediaries through time”.
[8]W. Gromala, The Blockchain Revolution, in Finance & the Common Good/Bien Commun, 2016-2017, pp. 121-136, in particolare p. 122. Parla di un fenomeno travolgente al pari di uno tsunami W. Mougayar nell’introduzione al suo libro The business blockchain: promise, practice, and application of the next internet technology, John Wiley & Sons Inc, 2016, xxi: “The blockchain cannot be described just as a revolution. It is a marching phenomenon, slowly advancing like a tsunami, and gradually enveloping everything along its way by the force of its progression. Plainly, it is the second signficant overlay on top of the Internet, just as the Web was that first layer back in 1990. That new layer is mostly about trust, so we could call it the trust layer. Blockchains are enourmous catalst for change that hit at governance, ways of life, traditional corporate models, society and global institutions. Blockchain infiltration will be met with resistance, because it is an extreme change. Blockchains defy old idea that locked in our mind for decades, if not centuries”.
[9]Il paradosso per cui investono in queste tecnologie proprio le istituzioni che ne appaiono minacciate solleva l’interrogativo: “Is the technology a Trojan horse or is the blockchain revolution simply like Saturn: it devours its own children?” (W. Gromala, The Blockchain Revolution, cit., p. 129).