Smart contract: una rivoluzione nel mondo legale?
Analisi della forma giuridica del contratto stipulato via blockchain
di Alessio Azzariti
1. Cos’è uno smart contract?
La prima idea di contratto intelligente nacque venticinque anni fa[1][2][3] anche se alcune forme più basilari possono rinvenirsi già negli anni ’70[4].
Gli smart contract (o contratti intelligenti) hanno lo scopo di formalizzare e proteggere le relazioni sulle reti di computer e non sono altro che la combinazione di messaggi ed algoritmi creati col fine di applicare nel cyber spazio i principi estrapolati dall’ordinamento giuridico. Essi hanno il beneficio di ridurre i costi mentali (c.d. mental accounting) e computazionali della transazione non solo delle parti del contratto, ma anche di terze parti. Come è meglio chiarito negli approfondimenti di N. Szabo, le fasi contrattuali di ricerca, negoziazione, assunzione dell’obbligo, svolgimento del contratto e aggiudicazione costituiscono il nucleo centrale dei contratti intelligenti.
La caratteristica principale di questi contratti è quella di non servirsi di intermediari che, in quanto tali, rendono più costosa e, talvolta, addirittura impossibile la stipulazione di un contratto (ad esempio in quei casi in cui il valore troppo modesto di un contratto renderebbe diseconomico servirsi di un terzo soggetto). Tra gli intermediari figurano, in primis, gli avvocati; sono infatti quest’ultimi, in molti casi, che svolgono un’attività di ricerca e di negoziazione che conduce alla stipulazione di un contratto conforme all’interesse delle parti. Una terza parte rilevante è anche l’apparato giudiziario e quindi il settore pubblico. Si immagini ad esempio l’ipotesi in cui l’utilizzo massivo di contratti intelligenti sia in grado di generare un risparmio di spesa pubblica, dovuto ad un numero minore di cause giudiziarie. Gli smart contract sarebbero in grado di disincentivare il contenzioso, in specie laddove vengano posti in gioco valori giuridici prettamente privatistici. Tuttavia, il settore legale non è l’unico che si presta all’applicazione di smart contract, ma lo è qualunque settore che preveda un’intermediazione per la regolazione di interessi (es. agenzie immobiliari, agenti per compravendite e locazioni di immobili, intermediari di assicurazione, etc…).
Quando si parla di smart contract non si può, ormai, che parlare anche di blockchain. Questa è in grado infatti di garantire elevati standard di sicurezza, ed in particolare di quella di Ethereum, diventata popolare per la creazione di smart contract, a differenza di quella di Bitcoin che è stata principalmente pensata come piattaforma per lo scambio di valuta digitale[5]. Fondamentale nel funzionamento di questi contratti è il meccanismo If-then[6], ovverosia il verificarsi di una condizione. Il codice è progettato in modo che al verificarsi di una certa condizione, che può essere automaticamente verificata tramite codice, lo smart contract esegua l’obbligazione autonomamente. Si potrebbe sostanzialmente dire che si tratti di contratti che assicurano anche l’esecuzione degli stessi[7].
2. Smart contract e forma del contratto
Tramite la blockchain si possono quindi scrivere accordi[8] relativi a diritti di proprietà su beni immobili o mobili, materiali o immateriali. Allo stesso modo è possibile trascrivere nella blockchain anche mutui, contratti di locazione, etc. Le possibilità sono potenzialmente infinite. Per questo motivo si può dire in sintesi che questa sia una modalità di espressione della volontà individuale delle parti e quindi rientri all’interno della categoria giuridica che va sotto il nome di forma del contratto.
Nel nostro ordinamento giuridico vige il principio generale della libertà della forma; ossia quando una norma non prevede esplicitamente il rispetto di una determinata forma il contratto può essere concluso grazie a qualsiasi modalità di espressione del volere. Ci si chiede quindi se un contratto iscritto dalle parti nella blockchain sia assimilabile ad una scrittura privata tra le parti.
Qui diventa perciò rilevante il codice dell’amministrazione digitale (dlgs. 82/2005). Sono tre le ipotesi indicate nelle quali il documento informatico può soddisfare il vincolo di forma: firma elettronica non qualificata, forma elettronica qualificata e firma digitale.
La firma elettronica non qualificata è “l’insieme dei dati in forma elettronica allegati oppure connessi tramite associazione logica, utilizzati come metodo di identificazione informatica”. È il caso della mail proveniente dell’account di posta di Tizio. Essa viene ritenuta dal legislatore “liberamente valutabile in giudizio tenuto conto delle sue caratteristiche oggettive di qualità, sicurezza, integrità e immodificabilità” (art. 20 comma 1-bis c.a.d).
La firma elettronica qualificata è quella ottenuta tramite “una procedura informatica che garantisce la connessione univoca al firmatario” tramite mezzi appositi, caratteristica che però deve essere attestata da certificatori appositamente abilitati. In questo caso il requisito di forma scritta è soddisfatto e la data e l’ora in cui risulta formato sono opponibili ai terzi (art. 20 commi 2 e 3 c.a.d.)
La terza ipotesi è invece quella della firma digitale, ossia un “particolare tipo di firma elettronica qualificata basata su un sistema di chiavi crittografiche, una pubblica e una privata, correlate tra loro, che consente al titolare tramite la chiave privata e al destinatario tramite la chiave pubblica, rispettivamente di rendere manifesta e di verificare la provenienza e l’integrità di un documento informatico” (art. 1 c.a.d. lett. s). La fattispecie descritta in questa norma è essenzialmente la stessa che si verifica nell’ambito della blockchain. Infatti nel momento in cui un utente intende trasferire del valore – o comunque trascrivere una propria volontà – all’interno della blockchain, è previsto un sistema di crittografia asimmetrica che ne garantisca la sicurezza, dove la chiave pubblica è nota a chiunque e la chiave privata soltanto al proprietario dell’account che si serve di quest’ultima per sottoscrivere la sua volontà. Da quanto sopra risulta quindi potenzialmente soddisfatto il requisito della forma scritta in uno smart contract stipulato tra due soggetti e iscritto nella blockchain di Ethereum. Se questo fosse l’unico requisito richiesto dal legislatore si potrebbe fare quindi far rientrare gli smart contract nella fattispecie di firma digitale; tuttavia il regolamento UE 910/2014 ha previsto che la firma digitale sia basata su un certificato qualificato che deve essere rilasciato da un prestatore di servizi fiduciari qualificati presente nella lista di fiducia pubblicata dallo Stato membro in cui il prestatore è stabilito[9]. In seguito alle considerazioni sin qui fatte si può quindi dire che nell’ambito dell’Unione Europea, seppur avente generalmente le elevate caratteristiche di sicurezza previste dalla firma digitale, la firma di una transazione all’interno di una blockchain non possa ad essa essere equiparata, nemmeno per interpretazione analogica. Ciò in virtù del fatto che la ratio della previsione dell’esistenza di un ente certificatore consista proprio nel poter fare riferimento univoco al sottoscrittore[10], quanto meno rispetto alla presunzione che sia il sottoscrittore ad utilizzare una determinata chiave privata. Aspetto che invece è di ben più difficile verifica nell’ambito della blockchain dove nessuno garantisce, nemmeno in via presuntiva, che al titolare di una chiave privata corrisponda una determinata persona.
In conclusione, si può ritenere che la sottoscrizione nello smart contract possa essere equiparata ad una firma elettronica non qualificata; lo smart contract rimarrebbe così un documento la cui idoneità ad integrare la forma scritta rimarrebbe liberamente valutabile in giudizio da parte del giudice; è la parte che ne ha interesse a dover dimostrare in giudizio di esserne sottoscrittrice e probabilmente anche a dover dimostrare che lo sia anche l’altra parte, e questa prova potrebbe essere estremamente difficile.
Una delle soluzioni disponibili, per tutelarsi preventivamente, è che le parti sottoscrivano contestualmente allo smart contract, un documento cartaceo ovvero un documento informatico con firma digitale ex reg. UE 910/2014 in cui dichiarano che lo smart contract facente capo ad un certo contract address della blockchain sia stato da loro sottoscritto.
Bisogna però qui precisare che lo smart contract si inserisce in una logica differente da quella del rapporto contrattuale classico; ad esempio sarebbe esso stesso, se previsto dalle parti, a liquidare all’indirizzo pubblico della parte contraente quanto stabilito in un’eventuale clausola penale per inadempimento, qualora ad una certa data indicata nel codice la parte non avesse adempiuto. Il ruolo del giudice (e quindi il rilievo delle norme sulla forma del contratto) sarebbe quindi minimo e al massimo potrebbe limitarsi ad aspetti suppletivi rispetto a questioni non direttamente previste all’interno del contratto intelligente.
[1] N. SZABO, Smart Contracts, 1993 (http://www.fon.hum.uva.nl/rob/Courses/InformationInSpeech/CDROM/Literature/LOTwinterschool2006/szabo.best.vwh.net/smart.contracts.html)
[2] N. SZABO, Smart Contracts: Building Blocks for Digital Markets, 1996 (http://www.fon.hum.uva.nl/rob/Courses/InformationInSpeech/CDROM/Literature/LOTwinterschool2006/szabo.best.vwh.net/smart_contracts_2.html)
[3] N. SZABO, Formalizing and Securing Relationships on Public Networks, First Monday Peer-Reviewed Journal on The Internet, Vol.2 n.9 1997 (http://www.ojphi.org/ojs/index.php/fm/article/view/548/469)
[4] Un primo principio di smart contract può essere rinvenuto… nella licenza di determinati software che venne di fatto gestita da una chiave digitale che permetteva il funzionamento del software se il cliente aveva pagato la licenza e ne cessava il funzionamento alla data di scadenza del contratto. (https://www.blockchain4innovation.it/mercati/legal/smart-contract/blockchain-smart-contracts-cosa-funzionano-quali-gli-ambiti-applicativi/)
[5] Yes, Bitcoin Can Do Smart Contracts and Particl Demonstrates How (https://bitcoinmagazine.com/articles/yes-bitcoin-can-do-smart-contracts-and-particl-demonstrates-how/)
[6] Smart Contracts: The Blockchain Technology That Will Replace Lawyers (https://blockgeeks.com/guides/smart-contracts/)
[7] Vitalik Buterin ha così descritto gli smart contract: “In un approccio di contratto intelligente, un asset o una valuta viene trasferita in un programma e il programma esegue questo codice e ad un certo punto convalida automaticamente una condizione e determina automaticamente se l’asset deve andare a una persona o viceversa, o se debba essere immediatamente rimborsato alla persona che lo ha inviato o una combinazione tra le due cose”. (https://searchcio.techtarget.com/feature/What-is-a-smart-contract-and-whats-it-good-for)
[8] Contract (https://en.bitcoin.it/wiki/Contract)
[9] http://www.agid.gov.it/agenda-digitale/infrastrutture-architetture/firme-elettroniche, vedasi art. 24 reg. UE n.910/2014
[10] Reg. UE n. 910/2014, al considerando n.60: I prestatori di servizi fiduciari che rilasciano certificati qualificati di sigilli elettronici dovrebbero attuare le misure necessarie per poter stabilire l’identità della persona giuridica rappresentante la persona fisica cui è fornito il certificato qualificato di sigillo elettronico, quando tale identificazione è necessaria a livello nazionale nel contesto di procedimenti giudiziari o amministrativi.
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