I profili giuridici dell’hyperlinking in Italia
Link e diritto d’autore nell’ordinamento italiano
di Riccardo Giacobbi
(L’articolo sui Profili giuridici dell’hyperlinking in Europa è invece disponibile cliccando qui).
1. La disciplina applicabile
Come si accennava nell’articolo del 13 aprile 2018 “I profili giuridici dell’hyperlinking. Link e diritto d’autore alla luce della giurisprudenza europea” la normativa di riferimento, con riguardo al rapporto tra hyperlinking e diritto d’autore all’interno dei nostri confini, è, anzitutto, la legge 22 aprile 1941, n. 633, recante “Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”.
Old but gold del nostro ordinamento, la LDA è in grado di disinnescare comportamenti potenzialmente illeciti ancorché adoperanti gli strumenti tecnologici forniti dalla rete internet.
Si legga l’articolo 16, il quale, riecheggiandol’art. 3 Direttiva Infosoc, stabilisce che “Il diritto esclusivo di comunicazione al pubblico su filo o senza filo dell’opera ha per oggetto l’impiego di uno dei mezzi di diffusione a distanza, quali il telegrafo, il telefono, la radiodiffusione, la televisione ed altri mezzi analoghi, e comprende la comunicazione al pubblico via satellite e la ritrasmissione via cavo, nonché quella codificata con condizioni di accesso particolari; comprende altresì la messa disposizione del pubblico dell’opera in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente” e, al secondo comma, che “Il diritto di cui al comma 1 non si esaurisce con alcun atto di comunicazione al pubblico, ivi compresi gli atti di messa a disposizione del pubblico.”
Stante tale diritto esclusivo all’utilizzazione (qui con atto di comunicazione al pubblico) dell’opera, incardinato negli artt. 12 e 13 legge sul diritto d’autore, si desume, a contrario, che il titolare medesimo detiene il potere di limitare ed escludere indebite utilizzazioni, finanche per il tramite di collegamenti ipertestuali.
E come può farlo? Proprio azionando la menzionata normativa, ed in particolare gli artt. 156 e ss., i quali, limitandoci al campo civilistico [1], prevedono dei rimedi d’urgenza finalizzati ad ottenere “che il suo diritto sia accertato e sia vietato il proseguimento della violazione” con conseguente applicazione della disciplina del rito cautelare.
Così è accaduto in un caso giurisprudenziale salito agli onori della cronaca e dell’opinione pubblica per la rilevanza degli interessi e principi in gioco: il 16 luglio 2013 il Tribunale di Roma, Sez. Impresa, si pronunciava in merito ad un reclamo exart. 669 terdeciesc.p.c. contro un’ordinanza di inibitoria, ai sensi e per gli effetti dell’art. 700 c.p.c. e art. 156 LDA, emessa a protezione di diritti esclusivi di utilizzazione economica di opere intellettuali.
La controversia sorgeva poiché la testata online “Il Post” aveva pubblicato, in prossimità di partite calcistiche di primaria importanza, articoli ove, a corredo della notizia concernente la proliferazione di website pirata che trasmettevano illegittimamente le dirette degli incontri sportivi, venivano inseriti linkche rimandavano a pagine riconducibili ai detti siti; ciò si appalesava in potenziale violazione dei diritti di RTI-Mediaset, titolare dei connessi diritti sui menzionati palinsesti calcistici.
Il colosso televisivo vinceva due volte, sia avanti il Giudice di prime cure che dinanzi al Collegio in sede di reclamo, venendosi a configurare un importante precedente in tema di responsabilità da link.
Tra l’altro, non essendo i tempi ancora maturi per l’equiparazione tra la testata giornalistica cartacea e quella online, che sarebbe arrivata solo due anni più tardi con la celebre sentenza n. 31022/2015 Cass. SS. UU. (e con essa l’agognata estensione delle guarentigie costituzionale di cui all’art. 21 Cost. anche ai giornali online) il confronto si era rilevato ancor più arduo.
In riferimento al diritto – costituzionalmente garantito – di manifestazione del pensiero, qui sotto forma di diritto-dovere di cronaca e di informazione, logicamente invocato a più riprese dal resistente / reclamante, i Giudici hanno puntualizzato come sono proprio gli artt. 156 e 163 della legge 633/41 a prevedere delle eccezionali forme di compressione dei detti diritti di rango costituzionale [2], rimedi che prevedono l’inibitoria di qualsiasi attività, come era il caso del linkin esame, che costituisca una violazione di un diritto di proprietà intellettuale.
La detta attività veniva considerata quale “apporto causale alle violazioni commesse” proprio per la presenza del collegamento ipertestuale, dato che, per il collegio giudicante, se l’intento fosse stato solamente quello di raccontare il fenomeno, in crescente diffusione, dello streaming“pirata”, conseguentemente non vi sarebbe stata la necessità di indicare i siti in questione con apposito hyperlink.
Pertanto, come si riscontra implicitamente nella LDA ed esplicitamente nella spiegata giurisprudenza, la responsabilità da link risulta configurabile in capo al soggetto che, per mezzo del collegamento ipertestuale, rimanda ad una pagina webche viola diritti autorali.
E ciò, a fortiori, se si prende in considerazione la delibera n. 680/13/CONS del 12 dicembre 2013 dell’AGCOM.
Ma come trova legittimazione ad emanare e vigilare sul web l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, istituita con la legge 249/1997?
Ciò deriva da un sofisticato complesso normativo, in primisa partire dai poteri c.d. regolatori (propri delle Authorities) attribuitegli dalla menzionata legge 249/1997 e s.m.i., oltre che dalla l. 481/1995 ed al saliente Codice delle comunicazioni elettroniche, i.e. d. lgs. 259/2003. In aggiunta, rileva l’art. 182 bis LDA, che conferisce alla medesima ed alla SIAE funzioni di vigilanza intese a prevenire ed accertare violazioni.
Un intermezzo: non sono solo le norme coinvolte ad essere molteplici, ma anche e soprattutto i protagonisti dello scenario (AGCOM, Tribunali civili, amministrativi e penali, senza dimenticare la citata SIAE), primariamente a causa della trasversalità del tema rispetto ai rami del nostro diritto.
Per tale ragione, l’Autorità, nell’ottica di qualificare il proprio intervento come alternativo, e non sostitutivo o concorrente, rispetto a quello dell’autorità giudiziaria, ha espressamente previsto l’improcedibilità dell’istanza laddove quest’ultima sia stata precedentemente adita, nonché l’archiviazione dell’avviato procedimento amministrativo qualora il soggetto istante decida in seguito di spostarsi avanti un giudice.
Regolamento AGCOM alla mano, il quale ha da poco festeggiato il quarto anno di vigenza, ciò che balza all’occhio sono le “Definizioni”, le quali conseguentemente impattano in termini di ratione materiae.
Anzitutto, viene definito il “gestore del sito internet” quale prestatore di servizi della società di informazione che, sulla rete internet, cura la gestione di uno spazio su cui sono presenti opere digitali o parti di esse ovvero collegamenti ipertestuali (linko torrent) alle stesse, anche caricati da terzi [3].
Viene poi fissato il significato di link, ossia il collegamento ipertestuale ad un’opera digitale, e di torrent, cioè “il codice alfanumerico di collegamento attraverso il quale gli utenti sono posti nella condizione di interagire ai fini della fruizione delle opere digitali”.
La responsabilità da linkpare, quindi, configurabile: oltre alle descritte definizioni di cui all’art. 1,il regolamento presenta infatti formule quali “qualora ritenga che un’opera digitale sia stata resa disponibile su una pagina internet”, ovvero “opere digitali che si assumono diffuse”, od ancora “qualora il sito sul quale sono rese disponibili”. Non si può negare, invero, che il linknon renda disponibile o non diffonda contenuti e dunque non rientri nella disciplina in esame.
E su questo punto non vi è da sorprendersi, anche alla luce della giurisprudenza europea in ambito di tutela autorale online [4].
Al contrario, ciò su cui prendere nota è l’estensione del campo applicativo, oltre che alla fattispecie del torrent, al gestore della pagina web[cfr.3] ed al c.d. uploader, definito come “ogni persona fisica o giuridica che carica opere digitali su reti di comunicazione elettronica rendendole disponibili al pubblico anche attraverso appositi link o torrent ovvero altre forme di collegamento”.
Sospiro di sollievo, invece, per i fruitori finali dato che l’art. 2 comma 3 sancisce che “il presente regolamento non si riferisce agli utenti finali che fruiscono di opere digitali in modalità downloading o streaming, nonché alle applicazioni e ai programmi per elaboratore attraverso i quali si realizza la condivisione diretta tra utenti finali di opere digitali attraverso reti di comunicazione elettronica”.
2. In concreto
Allo scopo di comprendere i risvolti pratici di quanto sopra descritto, è utile analizzare sinteticamente una casistica, nella quale è intervenuta l’AGCOM, dove è configurabile anche una responsabilità da link.
Si tratta del provvedimento emesso, ai sensi degli artt. 8, commi 2 e 4, e 9, comma 1, lett. d), del citato regolamento, con delibera n. 6/17/CSP del 12 gennaio 2017 [5].
Nel caso in esame, la SIAE segnalava la presenza non autorizzata di molteplici opere sonore coperte da copyrightsu uno specifico sito.
Ciò che può interessare ai fini del presente contributo, è che il soggetto a cui l’AGCOM è risalito – la società che ha registrato il nome a dominio del sito in questione – eccepiva che il websitein oggetto riportava linkpresenti su altri siti, non ospitando al proprio interno contenuti coperti da privativa.
L’Autorità, preso atto dell’eccezione e citata la giurisprudenza europea (Caso GS Media, ove la CGUE aveva argomentato che il linkverso opere protette senza l’autorizzazione del titolare costituisce una “comunicazione al pubblico” vietata dalla normativa, qualora tali collegamenti ipertestuali siano operati con finalità di lucro), osservava che sul sito de quo erano presenti molteplici banner pubblicitari e che, pertanto, l’intento era, evidentemente, di ricavare profitto da siffatte operazioni.
Esclusa, poi, l’applicabilità del regime di eccezioni e limitazioni di cui agli artt. 65 e ss. LDA [6], l’AGCOM ordinava ai prestatori di servizi di mere conduit[cfr.3] operanti sul territorio nazionale di provvedere alla disabilitazione dell’accesso al sito, piattaforma ove si rivenivano gli hyperlinkai siti che violavano il diritto d’autore.
Il destinatario del provvedimento non poteva essere direttamente il sito responsabile della violazione – qui soggetto linkante – poiché il serverdel medesimo era localizzato all’estero, così da implicare lo schermo degli accessi collocati sulle pagine dei soggetti di mere conduitoperanti in Italia.
3. Note conclusive
Nel caso analizzato, dunque, è stata rinvenuta una responsabilità da link, che, a fronte della legge sul diritto d’autore e relative applicazioni in concreto (vedi decisione contro “Il Post”) e della normativa di settore, risulta, senza dubbio, suscettibile di configurarsi e, per tale ragione, di comportare conseguenze giuridiche in capo al soggetto linkante. Che poi si configuri o meno, l’interprete lo può chiarire soltanto servendosi degli strumenti ermeneutici concepiti dalla giurisprudenza di rango europeo, come si ha avuto modo di accertare esaminando il provvedimento di cui al paragrafo precedente.
Primo criterio di valutazione è, senza dubbio, quello della finalità di lucro, da sviscerare[7] sia in ordine al guadagno diretto (la fruizione a titolo oneroso di un servizio, un’applicazione, ove poi possono esservi link al luogo della violazione – caso Stichting Brein, C‑527/15, sentenza del 26 aprile 2017) sia per quanto concerne il ritorno economico indiretto dovuto all’advertising (caso The Pirate Bay, causa C-610/15 sentenza del 14 giugno 2017).
La decisività dell’intervento interpretativo della giurisprudenza avvalora ancor di più la posizione di coloro i quali auspicano un intervento legislativo che inquadri adeguatamente ed efficacemente la fattispecie dell’hyperlinking.
[1] Le violazioni presentano rilevanza sia civile che penale (si pensi al reato exart. 171 LDA – a titolo esemplificativo, Trib. Arezzo 15.03.2013, “L’abusiva messa a disposizione su un sito web di opere tutelate dal diritto di autore, tale da consentire l’accesso ad un numero indifferenziato di utenti e la visione in streaming di dette opere, anche mediante i link ad altri siti, costituisce reato ai sensi dell’art. 171 ter. LDA”, Dir. autore, 2013, 3, 288), oltre che conseguenze a livello amministrativo.
[2] La pronuncia del Tribunale di Roma fa, difatti, riferimento alla sentenza n. 38/1973 della Corte Costituzionale, per la quale “Nessuna di tali disposizioni (i rimedi inibitori di cui alla LDA, n.d.r.) è incompatibile con i principi e con le norme di cui all’art. 21 della Costituzione.” Il tema del rapporto tra la libertà di stampa ed il diritto d’autore è talmente delicato e dibattuto da meritare trattazione ad hoc.
[3] Viene altresì definito “il gestore della pagina internet” come “il prestatore di servizi della società di informazione … che, nell’ambito di un sito internet, cura la gestione di uno spazio su cui sono presenti opere digitali o parti di esse ovvero collegamenti ipertestuali (link o torrent) alle stesse, anche caricati da terzi”. La dicotomia rispetto al gestore del sito internetè la specifica legata all’ambito di operatività all’interno di un website; come parimenti precisato circa il “gestore del sito internet” la definizione fuoriesce dal novero di cui agli artt. 14, 15 e 16 del D. Lgs. N. 70/2003 (Decreto e-commerce), rubricati rispettivamente “Responsabilità nell’attività di semplice trasporto – Mere conduit”, “Responsabilità nell’attività di memorizzazione temporanea – Caching” e “Responsabilità nell’attività di memorizzazione di informazioni – Hosting”.
[4] Football Association Premier League (C-403/08 e C-429/08), Svensson (C-466/12),BestWater International (C-348/13), GS Media (C‐160/15),Stichting Brein(C‑527/15),The Pirate Bay (C-610/15).
[5] Le citate fonti sono agevolmente rinvenibili sul sito https://www.agcom.it/.
[6] Per i motivi accennati al superiore punto 2, aspetto cruciale è l’equilibrio tra il diritto di cronaca ed il diritto autorale, che giocoforza si trovano a collidere. Da qui la ratiodell’art. 65, per il quale “Gli articoli di attualità di carattere economico, politico o religioso, pubblicati nelle riviste o nei giornali, oppure radiodiffusi o messi a disposizione del pubblico, e gli altri materiali dello stesso carattere possono essere liberamente riprodotti o comunicati al pubblico in altre riviste o giornali, anche radiotelevisivi, se la riproduzione o l’utilizzazione non è stata espressamente riservata, purché si indichino la fonte da cui sono tratti, la data e il nome dell’autore, se riportato”. Così all’art. 2 comma 2 Regolamento AGCOM: “L’Autorità opera nel rispetto dei diritti delle libertà di comunicazione, di manifestazione del pensiero, di cronaca, di commento, critica e discussione, nonché delle eccezioni e limitazioni di cui alla Legge sul diritto d’autore”.
[7] Dati i comuni denominatori per riferimenti normativi e giurisprudenziali, si segnala “I profili giuridici dello streaming illegale di video online” del 3 aprile 2018 ad opera di Rosa Calise.
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