Zoombombing: trick or threat?
Risvolti penali della nuova frontiera dei cyber attack
di Nicoletta Ordonselli e Giulia Bellini
Il fenomeno.
La fantasia degli hacker non ha limiti. Lo dimostra il c.d. Zoombombing, nuovo tipo di attacco informatico, inquadrabile nel teleconferencing hacking[1], che si è sviluppato a partire da marzo 2020[2].
Oggi, infatti, molte attività (istruzione, lavoro, convegni, eventi mondani, serate con amici, persino lo sport) si svolgono inevitabilmente online, attirando l’attenzione degli internet troll.
Il fenomeno in oggetto prende il nome da una delle app più utilizzate per collegarsi in videoconferenza: Zoom. Tale software ha sin da subito spiccato per la sua immediatezza e intuitività[3], tanto che nel solo mese di marzo 2020 ha registrato un incremento del proprio traffico giornaliero del 535% rispetto all’anno precedente[4].
Gli attacchi perpetrati tramite Zoombombing consistono in intrusioni indesiderate e moleste in videoconferenze di gruppo, volte ad ostacolare l’attività dei partecipanti, che vengono “bombardati” con contenuti inappropriati.
Queste condotte vanno ben oltre lo scherzo, estrinsecandosi in vere e proprie azioni moleste, quali ad esempio la riproduzione di suoni fastidiosi, la condivisione “forzata” di materiali (pedo)pornografici o la divulgazione di messaggi d’odio[5], sessisti, discriminatori e violenti.
Lo Zoombombing è stato portato alla luce dal New York Times, che, nell’aprile dello scorso anno, ha scoperto 153 profili Instagram, numerosi account Twitter e diversi forum su Reddit e Discord utilizzati dagli utenti per condividere i codici di accesso ai meeting su Zoom e organizzare gli attacchi[6].
A seguito della fulminea impennata dello smart working dovuta al COVID-19, il fenomeno è poi rapidamente dilagato[7], come rilevato anche da una ricerca condotta dalla società di cyber security Acronis, da cui è emerso che, su un campione di 3.400 società e lavoratori provenienti da 17 diversi Paesi del mondo (tra cui l’Italia), già nel primo semestre dell’anno, il 39,5% di essi era stato vittima di “video conferencing attacks”[8].
I casi.
Analizzando i dati e le notizie online, si può notare come le condotte di Zoombombing abbiano preso di mira diversi obiettivi, fra cui soprattutto eventi culturali e religiosi[9], lo smart working, la didattica a distanza e persino incontri terapeutici di gruppo[10].
I primi casi si sono registrati negli USA, dove i soggetti maggiormente colpiti da tali attacchi sono state proprio le high school e le università[11]. L’enorme incidenza di tali episodi ha ben presto suscitato la preoccupazione dell’FBI, che è intervenuta tempestivamente pubblicando alcune raccomandazioni per gli utenti di Zoom al fine di contrastare il fenomeno[12], che negli Stati Uniti – come precisato dell’US Attorney del Distretto dell’East Michigan – costituisce un crimine federale[13].
La difficoltà di arginare tali intrusioni indesiderate ha fatto sì che varie organizzazioni private e pubbliche, quali Google e SpaceX, la NASA, il New York City Department of Education, il Singapore Ministry of Education e i Governi di Canada e Taiwan abbiano addirittura preso la drastica decisione di bannare l’utilizzo di Zoom[14].
In Italia, invece, il fenomeno “Zoombombing” è esploso verso la metà del 2020, rivelandosi anche qui una minaccia difficile da contrastare, come dimostra l’escalation di casi che hanno occupato negli ultimi mesi le pagine della cronaca nazionale: si pensi che, nel solo mese di giugno 2020, si sono verificati ben 121 attacchi di questo genere[15].
Anche nel nostro Paese il raggio d’azione degli hacker è stato vasto: tra i bersagli principali ci sono infatti convegni e webinar su temi sensibili di attualità, quali la violenza sulle donne, i diritti civili e l’Olocausto[16], nonché didattica a distanza e associazioni a scopo benefico.
Con particolare riguardo all’ambito scolastico, è recente la notizia della scoperta di un gruppo di giovani hacker strutturalmente organizzato per la sistematica interruzione delle lezioni online di diversi istituti scolastici del Paese: con la connivenza di alcuni studenti, i disturbatori riuscivano ad accedere alle piattaforme di didattica a distanza per impedire lo svolgimento delle interrogazioni programmate[17].
Persino la Croce Rossa di recente è stata colpita duramente dallo Zoombombing, attraverso minacce e bestemmie proferite durante la presentazione del corso di accesso per diventare volontari dell’associazione[18].
Alla luce di quanto sopra, è lecito dunque chiedersi se nel nostro ordinamento tali condotte possano costituire reato e, se sì, quali siano le norme poste a tutela delle vittime di tale dilagante fenomeno sotto il profilo penale.
Lo zoombombing è reato? Le ipotesi delittuose configurabili.
Al fine di individuare le fattispecie criminose suscettibili di essere integrate da tale fenomeno, occorre tenere a mente che un episodio di Zoombombing si compone in realtà di diverse condotte, ognuna delle quali potenzialmente idonea a configurare una fattispecie criminosa.
In primo luogo, per poter sferrare un attacco di questo tipo, è necessario avere accesso alla videoconferenza presa di mira nel caso concreto.
Varie sono le modalità utilizzate dagli zoombombers per accedere ai meeting oggetto di attacco. In taluni casi gli hacker si introducono nella riunione impossessandosi dei relativi codici di accesso illecitamente, ad esempio attraverso attività di phishing; in altri, vengono inseriti nella videoconferenza da utenti autorizzati a parteciparvi, loro complici; altre volte ancora, oggetto di attacco sono videoconferenze pubbliche, alle quali gli hacker sono effettivamente legittimati a prendere parte: si pensi, ad esempio, agli eventi organizzati da alcune associazioni culturali, che, per consentire a chiunque sia interessato di assistere a webinar e convegni, pubblicano sui propri siti web il link di accesso ad essi.
In tutte queste ipotesi, deve ritenersi che la condotta intrusiva sia idonea a configurare il reato di accesso abusivo a sistema informatico di cui all’art. 615 ter c.p.[19]
Come noto, infatti, tale norma sanziona sia l’intrusione abusiva in un sistema informatico o telematico – quale è sicuramente Zoom – protetto da password o codici di accesso, che la condotta consistente nel rimanervi senza il consenso dell’avente diritto ad escluderlo.
La giurisprudenza, peraltro, ha esteso in via interpretativa l’ambito applicativo di tale fattispecie, facendovi ricadere anche le ipotesi in cui la condotta di accesso o di mantenimento nel sistema sia “posta in essere da soggetto che, pure essendo abilitato, violi le condizioni e i limiti risultanti dal complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema per delimitarne oggettivamente l’accesso”[20].
Nel caso in cui gli hacker si introducano nella videoconferenza online procurandosi illecitamente i codici di accesso, tali soggetti si renderebbero altresì autori del reato di detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici, punito dall’art. 615 quater c.p.
Secondo la Corte di Cassazione, tuttavia, quando l’art. 615 quater c.p. concorre – nel medesimo contesto spazio-temporale e in danno della medesima persona – con quello più grave di cui all’art. 615 ter c.p., si configura solamente quest’ultima fattispecie criminosa, costituendone la prima un antefatto non punibile[21].
Nell’ipotesi in cui l’oggetto dell’azione di Zoombombing sia un servizio pubblico (ad esempio la didattica a distanza), il reato di accesso abusivo a sistema informatico o telematico potrebbe altresì concorrere con un’altra fattispecie delittuosa, quella di interruzione di pubblico servizio ex art. 340 c.p.[22]
Con riguardo, invece, ai contenuti dell’azione di disturbo, possono venire a rilievo diverse ipotesi di reato, a seconda del suo atteggiarsi nel caso concreto.
Qualora la condotta intrusiva consista nel proferire insulti lesivi della reputazione altrui e minacce, le vittime potrebbero sporgere querela per i reati di diffamazione e minaccia, sanzionati rispettivamente dall’art. 595[23]c.p. e dall’art. 612 c.p.[24]
Dalla casistica registratasi negli ultimi mesi è inoltre emerso come nel nostro Paese lo Zoombombing sia stato in più occasioni utilizzato per promuovere l’odio razziale e religioso, finendo addirittura per diventare la nuova frontiera dell’antisemitismo. Condotte consistenti nel postare svastiche, inneggiare al fascismo e al nazismo o incitare alla violenza contro la popolazione ebraica integrano un reato di non poco conto, quello di propaganda o istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa di cui all’art. 604 bis c.p.[25], punito con pene che possono arrivare sino a 6 anni di reclusione.
Nell’altrettanto grave caso in cui, come avvenuto più volte negli USA, l’attacco consista invece nella condivisione con i partecipanti al meeting di contenuti sessualmente espliciti, bisogna operare la seguente distinzione.
Se il contenuto mostrato ha ad oggetto immagini o video pornografici coinvolgenti adulti, destinati a rimanere privati e condivisi senza il consenso dei soggetti raffigurati, si ricadrebbe nell’ipotesi criminosa recentemente introdotta del c.d. revenge porn ex art. 612 ter c.p.[26]
Laddove, invece, i contenuti multimediali condivisi abbiano carattere pedopornografico, gli hacker sarebbero perseguibili per il reato di pornografia minorile. In particolare, l’art. 600 ter c.p. [27], comma terzo, punisce chiunque, anche per via telematica, divulga o diffonde materiale pornografico realizzato utilizzando soggetti minori degli anni diciotto. Peraltro, in ragione della sua gravità, tale reato è procedibile d’ufficio.
Venendo ora alle eventuali condotte poste in essere dagli hacker in un momento successivo all’attacco di Zoombombing, spesso accade che, nel corso dell’azione di disturbo, essi riprendano la riunione colpita, per poi divulgare la registrazione sui social network (quali TikTok, Instagram e Facebook) o sul Dark Web. Ebbene, anche tale comportamento può avere rilevanza penale: se posto in essere all’insaputa del soggetto registrato e al fine di danneggiare la reputazione o l’immagine altrui, esso può infatti integrare il delitto di diffusione di riprese e registrazioni fraudolente ex art. 617 septies c.p.[28]
In ragione della lesività dei contenuti condivisi nel corso degli attacchi di Zoombombing e dell’impatto da essi generato nelle vittime, diverse Procure italiane hanno iniziato ad indagare su tali episodi, al fine di individuarne e perseguirne gli autori[29].
Nonostante le indagini sui reati commessi attraverso il mezzo informatico presentino spesso delle complessità, non è infatti raro che gli inquirenti riescano nel loro intento. A dimostrazione di ciò, si segnala che la Procura di Genova ha recentemente portato a termine con successo le indagini nei confronti di un gruppo di zoombombers strutturato per sferrare attacchi ai danni della didattica a distanza[30].
Conclusione.
Alla luce di quanto sopra, lo Zoombombing è un fenomeno estremamente attuale ed eclettico, che si estrinseca in attacchi dotati di un’elevata capacità lesiva, sia per le modalità di intrusione che per la tipologia di contenuti condivisi dagli hacker nelle videoconferenze.
A ciò si aggiunga che ad essere prese di mira da tale cyber attack sono proprio quelle piattaforme online che – a causa della pandemia e delle perduranti restrizioni alla libertà personale – costituiscono gli unici spazi di discussione e socialità oggi disponibili, dal cui utilizzo al momento non si può pensare di prescindere.
Come si è visto, il nostro ordinamento prevede attualmente alcune fattispecie penali cui le condotte di Zoombombing, a seconda del loro atteggiarsi nel caso concreto, possono essere ricondotte.
Tuttavia, l’inarrestabile evoluzione tecnologica cui stiamo assistendo e la conseguente esigenza di contrastare in maniera sempre più mirata ed incisiva le nuove minacce da essa veicolate, renderebbe comunque auspicabile un intervento del legislatore volto a tratteggiare fattispecie criminose ad hoc in grado di cogliere lo specifico disvalore di tale fenomeno, o quantomeno a “rimodernare” quelle già esistenti nel nostro codice penale.
[1] Cfr. Zoombombing, cos’è e come funziona, Inside Marketing, 24 febbraio 2021, disponibile al link: https://www.insidemarketing.it/glossario/definizione/zoombombing/.
[2] Si vedano le “Linee guida sullo Zoombombing” pubblicate da Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio in data 27 gennaio 2021, consultabili online al seguente link: https://www.retecontrolodio.org/cmswp/wp-content/uploads/2021/01/Linee-guida-per-difendersi-dallo-Zoombombing-Rete-Nazionale-contro-i-Discorsi-e-i-Fenomeni-dOdio.pdf.
[3] Cfr. FLORIO F., Coronavirus, il fenomeno zoombombing che minaccia le videoconferenze, Open.it, 5 aprile 2020, consultabile all’indirizzo web https://news-coronavirus.it/tecnologia/coronavirus-il-fenomeno-zoombombing-che-minaccia-le-videoconferenze-chi-fa-incursione-nelle-chat-altrui-commette-un-reato/.
[4] Si veda POLITO C., Smart working e Cybersecurity: la problematicità di Zoom e delle piattaforme di videoconferenza, ICT Security Magazine, 5 maggio 2020, consultabile online al seguente link: https://www.ictsecuritymagazine.com/articoli/smart-working-e-cybersecurity-le-problematicita-di-zoom-e-delle-piattaforme-di-videoconferenza/.
[5] Come efficacemente evidenziato dal Prof. Giovanni Ziccardi, docente di Informatica giuridica alla Statale di Milano, spesso gli attacchi di Zoombombing hanno anche finalità ulteriori rispetto alla mera interruzione di videoconferenze. In particolare, “Di fondo c’è la volontà di far saltare un evento e di veicolare contenuti d’odio, specialmente in contesti dove la discussione è su temi sociali. La chiave sta nella ricerca della visibilità, proprio come gli odiatori che prendono di mira cantanti o personaggi famosi pubblicamente. È come se fossero un veicolo.” in DE GIORGIO T., Incursioni sulle piattaforme online, l’esperto: “Un mezzo per ottenere visibilità e veicolari messaggi di odio”, Repubblica.it, 10 marzo 2021, disponibile all’indirizzo web https://milano.repubblica.it/cronaca/2021/03/10/news/incursioni_sulle_piattaforme_online_l_esperto_un_mezzo_per_ottenere_visibilita_e_veicolari_messaggi_di_odio_-291428669/.
[6] Cfr. TAYLOR L. – DAVEY A., Zoombombing’ becomes a dangerous organized effort, The New York Times, 3 aprile 2020, consultabile online al seguente link: https://www.nytimes.com/2020/04/03/technology/zoom-harassment-abuse-racism-fbi-warning.html.
[7] La correlazione tra il potenziamento dello smartworking dovuto all’epidemia COVID- 19 e l’incremento degli episodi di cyber attack è emersa anche dal Rapporto Clusit 2021 sulla sicurezza ICP in Italia, marzo 2021, p. 31 ss., scaricabile al seguente link: https://clusit.it/rapporto-clusit/.
[8] Si veda Acronis Cyber Readiness Report. Post-pandemic cybersecurity landscape at a glance, luglio 2020, p. 10, consultabile al link https://dl.acronis.com/u/rc/WP_Acronis_Cyber_Readiness_Report_EN-US_200908.pdf.
[9] Cfr. KELLEY A., California church sues Zoom over ‘Zoombombing’ pornography incident, The Hill, 14 maggio 2020, disponibile online al seguente link: https://thehill.com/changing-america/respect/equality/497853-california-church-sues-zoom-over-zoombombing-pornography, che ha affrontato il caso della chiesa luterana di St. Paulus a San Francisco, la quale aveva intentato una class action contro Zoom dopo che una delle sue “bible study classes” era stata resa oggetto di zoombombing.
[10] Per maggiori approfondimenti si veda ROYAL D., Alcoholics Anonymous members find support online during coronavirus pandemic, CNN, 5 aprile 2020, https://edition.cnn.com/2020/04/05/us/alcoholics-anonymous-coronavirus-online/index.html.
[11] Si veda, a titolo esemplificativo, il caso della University Southern California di cui si dà notizia in ANDERSON N., ‘Zoombombing’ disrupts online classes at University of Southern California, The Washington Post, 25 marzo 2020, disponibile online al seguente link: https://www.washingtonpost.com/gdpr-consent/?next_url=https%3a%2f%2fwww.washingtonpost.com%2feducation%2f2020%2f03%2f25%2fzoombombing-disrupts-online-classes-university-southern-california%2f.
[12] Cfr. SETERA K., FBI Warns of Teleconferencing and Online Classroom Hijacking During COVID-19 Pandemic, Federal Bureau of Investigation, 30 marzo 2020, disponibile al seguente link: https://www.fbi.gov/contact-us/field-offices/boston/news/press-releases/fbi-warns-of-teleconferencing-and-online-classroom-hijacking-during-covid-19-pandemic. Si evidenzia infatti che, come riportato da FBI Issues Warning To Public After Reports Of ‘Zoombombing’ With Child Abuse Being Dispayed During Virtual Meetings, CBS Minnesota, 20 maggio 2020, consultabile al link https://minnesota.cbslocal.com/2020/05/20/fbi-issues-warning-to-public-after-reports-of-zoombombing-with-child-abuse-being-displayed-during-virtual-meetings/, nel solo mese di maggio 2020 l’FBI ha ricevuto notizia di almeno 195 casi di zoombombing nei quali vi sono stati abusi sui minori.
[13]Cfr. STATT N., Zoombombing’ is a federal offense that could result in imprisonment, prosecutors warn, The Verge, 3 aprile 2020, consultabile online al seguente link: https://www.theverge.com/2020/4/3/21207260/zoombombing-crime-zoom-video-conference-hacking-pranks-doj-fbi.
[14] Per maggiori approfondimenti sui singoli casi si vedano i seguenti articoli: VIGLIAROLO B., Who has banned Zoom? Google, NASA, and more”, TechRepublic, 9 aprile 2020, disponibile al link https://www.techrepublic.com/article/who-has-banned-zoom-google-nasa-and-more/; Taiwan joins Canada in banning Zoom for government video conferencing, Canadian Broadcasting Corporation, 7 aprile, 2020, consultabile all’indirizzo web https://www.cbc.ca/news/technology/taiwan-zoom-video-conference-1.5524384; STRAUSS V., School districts, including New York City’s, start banning Zoom because of online security issues, The Washington Post, 4 aprile 2020, online al seguente link: https://www.washingtonpost.com/gdpr-consent/?next_url=https%3a%2f%2fwww.washingtonpost.com%2feducation%2f2020%2f04%2f04%2fschool-districts-including-new-york-citys-start-banning-zoom-because-online-security-issues%2f; Singapore bans teachers using Zoom after hackers post obscene images on screens, The Guardian, 11 aprile 2020, disponibile all’indirizzo web https://www.theguardian.com/world/2020/apr/11/singapore-bans-teachers-using-zoom-after-hackers-post-obscene-images-on-screens.
[15] Si veda SANTARPIA V., Zoombombing, record di intrusioni durante le lezioni online: ecco come difendersi, Corriere della Sera, 24 giugno 2020, consultabile online al seguente link: https://www.corriere.it/scuola/medie/20_giugno_24/zoombombing-record-casi-ecco-come-difendersi-68ce9b1e-b5f9-11ea-9dea-5ac3c9ec7c08.shtml.
[16]Dalle ultime notizie, sembra che in Italia prevalgano gli attacchi contro le donne e il popolo ebraico. Per maggiori approfondimenti sui casi più recenti ed emblematici si vedano i seguenti articoli: MARVI S., Il ‘Clubhouse bombing’ è la nuova frontiera dell’odio verso le donne, Mashable Italia, 8 marzo 2021, consultabile online al link https://it.mashable.com/hater/5430/zoombombing-clubhouse-bombing-donne e FRULLI N., Incursione online nazifascista, gli autori rischiano da uno a sei anni di carcere. Escalation di casi in Italia, Arezzo Notizie, 27 gennaio 2021, https://www.arezzonotizie.it/cronaca/zoombombing-giornata-memoria-reati-pene.html.
[17] Commissariato di P.S. online, Incursioni abusive nelle piattaforme scolastiche di didattica a distanza: denunciato dalla Polizia Postale un gruppo di giovani “disturbatori”, 23.3.2021 consultabile al seguente indirizzo web: https://www.commissariatodips.it/notizie/articolo/incursioni-abusive-nelle-piattaforme-scolastiche-di-didattica-a-distanza-denunciato-dalla-polizia/index.html.
[18] Cfr. GIACOMINO G., Zoombombing: minacce e bestemmie durante il corso per entrare in Croce Rossa, La Stampa, 30 marzo 2021, disponibile online al link https://www.lastampa.it/torino/2021/03/30/news/zoom-bombing-minacce-e-bestemmie-durante-il-corso-per-entrare-in-croce-rossa-1.40091467.
[19] L’art. 615 ter c.p. dispone che: “Chiunque abusivamente si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo, è punito con la reclusione fino a tre anni.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni:
1) se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o al servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione di investigatore privato, o con abuso della qualità di operatore del sistema;
2) se il colpevole per commettere il fatto usa violenza sulle cose o alle persone, ovvero se è palesemente armato;
3) se dal fatto deriva la distruzione o il danneggiamento del sistema o l’interruzione totale o parziale del suo funzionamento, ovvero la distruzione o il danneggiamento dei dati, delle informazioni o dei programmi in esso contenuti.
Qualora i fatti di cui ai commi primo e secondo riguardino sistemi informatici o telematici di interesse militare o relativi all’ordine pubblico o alla sicurezza pubblica o alla sanità o alla protezione civile o comunque di interesse pubblico, la pena è, rispettivamente, della reclusione da uno a cinque anni e da tre a otto anni.
Nel caso previsto dal primo comma il delitto è punibile a querela della persona offesa; negli altri casi si procede d’ufficio”.
[20] Si veda Cass. pen., SSUU, 7.2.2012, n. 4694.
[21] Si vedano Cass. pen., sez. II, 20.5.2019, n. 21987 nonché BORGOBELLO M., La Cassazione sul rapporto tra accesso abusivo a sistema informatico, frode informatica e detenzione e diffusione abusiva di codici di accesso a sistemi informatici o telematici, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 1.
[22] Art. 340 c.p.: “Chiunque, fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge, cagiona una interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità, è punito con la reclusione fino a un anno.
Quando la condotta di cui al primo comma è posta in essere nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, si applica la reclusione fino a due anni.
I capi, promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.”.
[23] Art. 595 c.p.: “Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende l’altrui reputazione, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a milletrentadue euro.
Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a duemilasessantacinque euro.
Se l’offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a cinquecentosedici euro.
Se l’offesa è recata a un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, o ad una sua rappresentanza, o ad una Autorità costituita in collegio, le pene sono aumentate”. Si rammenta che, ai fini della configurabilità del delitto di diffamazione, è necessario che la persona offesa dalle espressioni lesive della reputazione sia assente. Sul punto, con particolare riferimento alle conversazioni telematiche, si vedano Cass. pen., sez. V, 17.1.2019, n. 7904 e Cass. pen., sez. V, 24.4.2020, n. 12898.
[24] Art. 612 c.p.: “Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito, a querela della persona offesa, con la multa fino a 1.032 euro.
Se la minaccia è grave o è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339, la pena è della reclusione fino a un anno.
Si procede d’ufficio se la minaccia è fatta in uno dei modi indicati nell’articolo 339”.
[25] Art. 604 bis c.p.: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito:
- a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
- b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, istiga a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell’assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni.
Si applica la pena della reclusione da due a sei anni se la propaganda ovvero l’istigazione e l’incitamento, commessi in modo che derivi concreto pericolo di diffusione, si fondano in tutto o in parte sulla negazione, sulla minimizzazione in modo grave o sull’apologia della Shoah o dei crimini di genocidio, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dagli articoli 6, 7 e 8 dello statuto della Corte penale internazionale”.
[26] Art. 612 ter c.p.: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000.
La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento.
La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici.
La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza.
Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede tuttavia d’ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d’ufficio.”
[27] Art. 600 ter c.p.: “È punito con la reclusione da sei a dodici anni e con la multa da euro 24.000 a euro 240.000 chiunque:
1) utilizzando minori di anni diciotto, realizza esibizioni o spettacoli pornografici ovvero produce materiale pornografico;
2) recluta o induce minori di anni diciotto a partecipare a esibizioni o spettacoli pornografici ovvero dai suddetti spettacoli trae altrimenti profitto.
Alla stessa pena soggiace chi fa commercio del materiale pornografico di cui al primo comma.
Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro 2.582 a euro 51.645.
Chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.549 a euro 5.164.
Nei casi previsti dal terzo e dal quarto comma la pena è aumentata in misura non eccedente i due terzi ove il materiale sia di ingente quantità.
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque assiste a esibizioni o spettacoli pornografici in cui siano coinvolti minori di anni diciotto è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 1.500 a euro 6.000.
Ai fini di cui al presente articolo per pornografia minorile si intende ogni rappresentazione, con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali.”
[28] Art. 617 septies c.p.: “Chiunque, al fine di recare danno all’altrui reputazione o immagine, diffonde con qualsiasi mezzo riprese audio o video, compiute fraudolentemente, di incontri privati o registrazioni, pur esse fraudolente, di conversazioni, anche telefoniche o telematiche, svolte in sua presenza o con la sua partecipazione, è punito con la reclusione fino a quattro anni.
La punibilità è esclusa se la diffusione delle riprese o delle registrazioni deriva in via diretta ed immediata dalla loro utilizzazione in un procedimento amministrativo o giudiziario o per l’esercizio del diritto di difesa o del diritto di cronaca.
Il delitto è punibile a querela della persona offesa”.
[29] Si vedano FRULLI N., Incursione online nazifascista, gli autori rischiano da uno a sei anni di carcere. Escalation di casi in Italia, Arezzo Notizie, 27 gennaio 2021, https://www.arezzonotizie.it/cronaca/zoombombing-giornata-memoria-reati-pene.html nonché Commissariato di P.S. online, Incursioni abusive nelle piattaforme scolastiche di didattica a distanza: denunciato dalla Polizia Postale un gruppo di giovani “disturbatori”, 23.3.2021 consultabile al seguente indirizzo web: https://www.commissariatodips.it/notizie/articolo/incursioni-abusive-nelle-piattaforme-scolastiche-di-didattica-a-distanza-denunciato-dalla-polizia/index.html e D’ESTE A., Lezioni online sull’ebraismo blitz con svastiche e minacce tra gli autori anche minorenni, Osservatorio antisemitismo, 29 gennaio 2021, consultabile al link https://www.osservatorioantisemitismo.it/articoli/indagine-su-giovani-simpatizzanti-nazisti-autori-di-una-serie-di-zoombombing/.
[30] Commissariato di P.S. online, Incursioni abusive nelle piattaforme scolastiche di didattica a distanza: denunciato dalla Polizia Postale un gruppo di giovani “disturbatori”, 23.3.2021 consultabile al seguente indirizzo web: https://www.commissariatodips.it/notizie/articolo/incursioni-abusive-nelle-piattaforme-scolastiche-di-didattica-a-distanza-denunciato-dalla-polizia/index.html.
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