Streaming e download pirata: rischi e sanzioni
di Mattia Caiazza
Anche se è ormai diffusamente considerata un’azione lecita, o addirittura – per molti – un’innocua routine, per la legge si tratta di un fatto degno di sanzione. Di cosa parliamo? Dello streaming illegale di film e telefilm, del download di brani musicali, videogiochi o libri eludendo i canali legali (a pagamento) attraverso i quali i gestori remunerano poi gli artisti attraverso le c.d. royalties. Tale comportamento, infatti, violando il diritto d’autore (copyright), integra un illecito amministrativo.
L’illecito che si configura in questo caso è indicato all’art.174-ter della legge 633/41.
Se ci si limita al solo download illegale di materiale protetto da copyright, le sanzioni che intervengono sono piuttosto ridotte: la sanzione, infatti, è limitata al solo pagamento della somma di 154€, oltre alla confisca del materiale incriminato.
Il solo fatto di scaricare e utilizzare il file per uso personale, come emerge, seppur illecito, non espone al rischio di sanzioni particolarmente gravi. Al contrario, addirittura la sanzione penale resta esclusa in radice per i soli “utilizzatori”. Non è così invece nei casi in cui, oltre a scaricare illegalmente un contenuto coperto da diritto d’autore, lo si condivida anche.
L’upload di file pirata è punito in maniera più decisa dall’art.171-ter della L. 633/41: la ratio che sta dietro a questa norma è infatti che la condivisione di materiale pirata tramite siti o programmi di file sharing rende il contenuto incriminato disponibile ad un numero indeterminato d’individui, creando quindi un danno non quantificabile in astratto per il possessore dei diritti d’autore sull’opera.
La norma, poi, distingue in maniera piuttosto marcata chi condivide a fini di lucro e chi invece lo fa senza ricavarne alcun profitto: questo comporta importanti differenze soprattutto per quanto riguarda la pena.
Infatti, se non si trae un profitto dalla condivisione di questi file verrà semplicemente irrogata una sanzione; nel caso in cui invece la violazione del diritto d’autore sia commessa “con usurpazione della paternità dell’opera, ovvero con deformazione, mutilazione o altra modificazione dell’opera medesima, qualora ne risulti offesa all’onore od alla reputazione dell’autore” la pena edittale prevista arriva sino ad un anno di reclusione[1].
In questo ultimo caso esiste però la possibilità per il “pirata” che non è mosso da scopo di lucro di evitare totalmente il procedimento a suo carico: infatti, se questi paga, prima dell’apertura del dibattimento oppure prima dell’emissione del decreto penale di condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo stabilito dalla legge (una cifra che quindi si aggira attorno ai 1000 €) il reato verrà dichiarato estinto.
Se invece la condivisione avviene “per uso non personale e a fini di lucro” si esce dall’illecito amministrativo e si entra nel campo del diritto penale e la irrogabile sarà ben più severa, ovvero fino a tre anni di carcere.
Per evitare qualsiasi tipo di rischio, sia di carattere amministrativo che penale, sembrerebbe dunque sufficiente evitare di condividere i file …o no?
Oggi i metodi più utilizzati per il download di materiale pirata sono i programmi peer to peer, oppure p2p, che sfruttano il protocollo BitTorrent; questo particolare protocollo fa sì che, per condividere un file torrent (l’estensione dei file che vengono, appunto, condivisi tramite questi protocolli p2p) nella maniera più efficiente possibile, ogni terminale funga da nodo che contemporaneamente “scarica” e “carica” parti di file, così che si configurino nello stesso momento entrambi i reati di download e condivisione.
Bisogna però tenere presente che il reato si configura solamente nel caso in cui il file che si sta condividendo è coperto da copyright (e in questa categoria rientrano anche i software legalmente acquistati, dei quali quindi si possiede la licenza, se vengono poi messi in condivisione) perché l’utilizzo di programmi p2p, di per sé, è perfettamente legittimo.
Un altro aspetto da tenere in considerazione quando si parla di pirateria è quello accennato in premessa, ossia lo streaming video: guardare un film sui tanti siti che ospitano la versione pirata degli ultimi blockbuster è un reato?
L’utente che si limita a fruire di questo servizio non commette alcun tipo di atto illecito, ma rientrerà nell’ipotesi dell’art. 174-ter legge 633/41 in quanto il suo comportamento non integra la condivisione di tale file.
Diverso esito, invece, per il titolare del sito che ospita il film o serie tv che si sta guardando, ovvero colui che effettua l’upload e condivide il file video illegale: questi infatti sottostà alle stesse norme previste per il download e lo sharing viste sopra.
Come anticipato, le norme non prevedono sanzioni particolarmente gravi, soprattutto in considerazione del fatto che l’individuazione dei responsabili di tali tipologie di reato richiede un impegno di tempo e risorse enorme da parte delle forze dell’ordine.
Per arginare questo fenomeno, che sicuramente influisce negativamente sulle casse dei detentori dei diritti d’autore delle opere, sono stati pensati diversi metodi, ognuno singolarmente legata ai media che vuole tutelare.
Per quanto riguarda film e telefilm si è cercato di combattere la pirateria con servizi di streaming che, a fronte di un costo mensile, offrono un enorme catalogo.
Questi servizi di streaming, tra i quali Netflix, per citare il principale, visto il prezzo moderato e la semplicità d’uso, erano stato indicati come i principali deterrenti al ricorrere ad attività pirata.
In realtà secondo le ultime analisi, proprio il moltiplicarsi dei vari servizi sorti in seguito ha fatto sì che molti pagassero un abbonamento per uno solo di questi programmi e ricorressero alla pirateria per non perdersi le serie in esclusiva sull’uno o l’altro streaming service.
Stesso espediente, ma questa volta con risultati più positivi, è stato intrapreso per l’ambito musicale, nel quale si trovano servizi simili che offrono brani illimitati a fronte di un contenuto abbonamento mensile.
Il mercato della letteratura ha invece puntato sul ridotto costo delle copie digitali delle opere, che sono distribuite per pochi euro e liberamente scaricabili sul proprio e-reader.
Particolare invece l’approccio del mercato videoludico, il quale cerca di combattere la pirateria utilizzando software di protezione, individuati dalla sigla DRM, che ostacolano, più o meno efficacemente, la possibilità per le copie pirata di essere del tutto eseguite o essere eseguite efficacemente.
Negli ultimi anni, però, questi software si sono dimostrati efficaci solamente nel primo periodo di lancio di un videogioco, in quanto pochi giorni dopo la data di lancio, era possibile trovare versioni piratate perfettamente funzionanti, così che le protezioni applicate sono diventate sempre più complesse e, tutt’ora, si continua a cercare un DRM che sia inviolabile.
La pirateria è un fenomeno difficilmente arginabile. Il modo più efficace di combatterla è quello di offrire alternative legali economiche ed appetibili per il pubblico che vuole di più contenuti possibili, minimizzando i costi. La direzione nella quale il mercato sta andando in questo momento sembra essere proprio questa, ossia cercando di offrire un servizio illimitato, rispettoso del diritto d’autore dei creativi, a fronte di una cifra mensile modesta.
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