Il fenomeno e-sport: numeri, regole e prospettive
di Riccardo Giacobbi
“Modalità di gaming competitivo e organizzato, che coinvolge di solito (ma non esclusivamente) singoli player o team professionisti. È una categoria ‘ombrello’, che racchiude al suo interno differenti generi di videogiochi in funzione dei diversi titoli utilizzati per le competizioni.” [1]
Numeri – Nel mondo e in Italia
Benché vi siano state vere e proprie competizioni di videogiochi già negli anni ’80, è con l’arrivo delle piattaforme multimediali in streaming online che gli sport elettronici hanno assunto una notevole importanza.
Proprio grazie ai portali di live-streaming, il settore in esame è cresciuto esponenzialmente: oggigiorno, infatti, il numero di fan che seguono il gaming su Twitch (o più comunemente su YouTube) è superiore dell’audience di Netflix, Espn e Hbo tutti insieme.
In Corea del Sud, Cina, ma anche negli Stati Uniti o nei paesi scandinavi il giro d’affari che gravita intorno alla League of Legends(uno dei principali tornei di gaming) è equiparabile – a livello di pubblico, investimenti pubblicitari e copertura televisiva – ad una finale di UEFA Champions League [2].
Un settore, dunque, che costituisce una notevole chance di crescita: per l’industria del gaming, ovviamente, ma anche per il mercato media&advertising, dalle sponsorizzazioni di società endemiche e non sino all’organizzazione di grandi eventi.
Si stima, difatti, che il mondo e-sport potrebbe muovere più di 3 miliardi di dollari già nel 2022; è noto, inoltre, che un giocatore professionista può arrivare a guadagnare milioni di Euro all’anno [3].
Ed in Italia? Premesso che i numeri non sono per nulla paragonabili a quelli asiatici o americani, si registrano, comunque, circa 260.000 spettatori quotidiani di eventi e-sport (Avid fan) e approssimativamente un milione di appassionati che assistono ad un evento di gaming almeno una volta a settimana (Fanbase).
Un’utenza, quella citata, che genera un volume digitale di discussioni in costante aumento – dagli iniziali 1.000/1.500 contenuti mensili sino agli oltre 4.500 da ultimi dati raccolti – sui canali dedicati, sui bloge forum per esperti, ma anche sui social network (Facebook, Twitter, YouTube).
E’ in queste sedi che i brand potranno intercettare nuovi consumatori, anche di non agevole raggiungimento, quali quelli appartenenti alla Generazione Zod ai Millenials, beneficiando di una nuova visibilità calata in un contesto mediatico dove i media digitali promettono di superare presto la televisione.
Creare e distribuire il prodotto gaming, renderlo appetibile attraverso un’adeguata organizzazione di eventi, gestire le squadre di gamers ed il loro entourage sono tutte attività che richiedono e richiederanno figure professionali ad hoc.
Allo stesso modo, l’emergere degli e-sportcomporta una serie di implicazioni giuridiche di grande interesse: nell’ambito dei contratti di lavoro dei giocatori, dell’organizzazione di eventi, della proprietà intellettuale e del diritto della comunicazione digitale.
Regole – Il modello francese
Tra i primi ordinamenti ad affrontare tali questioni ancora prive di regolamentazione è stato quello francese.
La Francia, infatti, è da anni impegnata in un grande progetto di digitalizzazione, che ha trovato un primo fondamentale approdo nella Loi pour une République numérique[4]. Secondo il Governo d’Oltralpe “la République du 21e siècle sera nécessairement numérique”, con l’indicazione che la Repubblica digitale varrebbe ben 5 punti percentuali di crescita economica potenziale.
Digitalizzazione dei procedimenti amministrativi, dematerializzazione dei documenti, recepimento (già allora, alla stesura del 2016) di alcune novità del regolamento UE 2016/679 con l’obiettivo prioritario di rendere la cultura dell’open data la regola e non più l’eccezione, nonché svariate misure di supporto al mondo dell’imprenditoria digitale sono alcuni dei punti toccati dalla normativa in questione.
Ai fini della presente analisi, ad ogni modo, rileva la Sezione 4 “Compétitions de jeux vidéo”, che disciplina gli sport elettronici:
- l’art. 101, prima di tutto, rimanda all’art. 220 terdeciesII del codice fiscale per una puntuale definizione dell’attività de qua, per poi delineare un quadro giuridico delle competizioni di e-sport;
- l’art. 102 concerne il contratto di lavoro per i gamers.
Le suddette norme – definitivamente attuate dai decreti ministeriali nn. 871 e 872 del 2017 – conferiscono status giuridico a delle attività (ed ai loro protagonisti) che precedentemente non solo non erano previste dall’ordinamento, ma addirittura potevano essere vietate [5].
Ora gli organizzatori devono richiedere un’approvazione ministeriale sulla base di una istanza da presentare al Ministero dell’Interno almeno 30 giorni prima dell’inizio del torneo con indicazione dei dati dell’organizzatore, del/i video-game, della sede, delle date e della durata della competizione, del numero di partecipanti, della piattaforma televisiva o streaming e delle tecnologie adoperate.
La legislazione in esame prevede che le competizioni possano essere organizzate soltanto a condizione che le quote di partecipazione raccolte dai giocatori non superino i costi totali di organizzazione; in aggiunta, vengono vietati i premi di natura pecuniaria per i minori di 12 anni e viene stabilito che i minorenni possano gareggiare solo se autorizzati da genitori o dai loro rappresentanti legali [6].
Ed ancora, come si anticipava, la legge francese regola i profili giuslavoristici degli sport elettronici: le opzioni avrebbero potuto essere (a) assoggettare la pratica dei videogiochi alla categoria già esistente (di cui all’art. D. 1242-1 Code du travail, equiparabile all’art. 15 Estatuto de los Trabajadoresspagnolood alle regole del sistema britannico dei Fixed-term Employees) riferita a quelle attività con una fisiologica natura transitoria oppure (b) creare una tipologia contrattuale specifica, ricamata sul modello sportivo. Il Legislatore francese ha scelto la seconda opzione.
Definito il pro-player come “qualsiasi persona la cui attività remunerata comporti la partecipazione a competizioni di videogiochi in un rapporto di subordinazione giuridica con un’associazione o impresa che beneficia di una licenza del ministro del digitale” la normativa fissa una serie di paletti, tra cui:
- in caso di sottoscrizione da parte di minore di 16 anni, la società deve ottenere ed allegare apposita autorizzazione della Commissione des enfants du spectacle;
- il contratto non può avere una durata inferiore alla durata di una stagione (12 mesi, il cui periodo è circoscritto dall’art. 10 decreto 872/2017) e non oltre i 5 anni;
- alla suddetta regola (della durata minima) si può derogare al fine di (i) creare una squadra che competa in un gioco appena lanciato, (ii) creare una squadra che competa in un gioco in cui nessun altro team di quel datore di lavoro concorre e (iii) creare una nuova posizione all’interno di una squadra già esistente).
Il tema della durata degli accordi tra club e i gamers è centrale dato che, come accade negli sport tradizionali (pallacanestro, calcio, pallavolo, ciclismo, ecc.), c’è una grande circolazione di giocatori tra le varie squadre. Tanto che sono gli stessi regolamenti dei principali tornei, uno su tutti la League of Legends, a prevedere modelli contrattuali flessibili nei quali sono espressamente vietate clausole di tacito rinnovo o di esclusività e, soprattutto, devono esserci pattuizioni che permettono al player forme di exit contrattuale da esercitarsi durante le finestre di mercato [7].
In un contesto ancora non disciplinato da norme specifiche, sono le associazioni di categoria [8], i tornei internazionali più seguiti ed i grandi club ad aver concepito codici di condotta, regolamenti e, più in generale, assetti di soft law (in senso atecnico, n.d.r.) in grado di indirizzare ed educare gli operatori. Oltre al tentativo di auto-imporsi regole afferenti i contratti dei giocatori e l’organizzazione dei tornei, le piattaforme si sforzano di combattere comportamenti contra legem, suscettibili di proliferare online,quali quelli volti all’odio od alle molestie, oppure quelle condotte mirate al furto d’identità, allo spam, alla condivisione non autorizzata di informazioni private. Inoltre, un ulteriore obiettivo è quello della protezione dei diritti di proprietà intellettuale, perseguito con il monitoraggio e la repressione di azioni di vario tipo, quali, inter alia, la condivisione di contenuti di altri giocatori/autori, la riproduzione di giochi piratati, la condivisione di contenuti di altri siti in via non autorizzata.
Ad esempio, i terms of service del colosso Twitch stabiliscono il Provider “respects the intellectual property of other and follows the requirements set forth in the Digital Millennium Coypright Act (“MDCA”) and other applicable laws”.
Di pari tenore è il “Code of conduct and compliance for teams and players”redatto dall’associazione WESA (World eSports Association), in cui, tra i molteplici punti, vengono affrontati due importanti temi del mondo dello sport elettronico: il doping e le scommesse.
Le grandi associazioni di categoria, WESA inclusa, rinviano, infatti, alla lista della WADA [9].
Anche la manipolazione delle partite e degli eventi è severamente vietata (art. 19 WESA Code); come negli sport tradizionali, anche gli e-gamerssono tenuti ad astenersi dal partecipare a scommesse [10], lotterie o qualsivoglia forma di betting [11].
Prospettive – Il riconoscimento
Riprendendo l’iniziale discorso sulla portata del fenomeno e-sportva segnalato che già con un comunicato di più di un anno fa il C.I.O. aveva riconosciuto gli sport elettronici come discipline agonistiche vere e proprie; da ciò consegue che, tenendo in considerazione la crescita di tali attività in diversi paesi (specialmente nell’ambito demografico giovanile), gli e-sport,secondo tale logica, potranno offrire una piattaforma per l’impegno con il Movimento Olimpico.
Tuttavia, richiamando di nuovo il modello francese, il Ministro dello Sport, con nota del 19 giugno 2018, dichiarava che, seppur l’organizzazione di strutturate competizioni di e-sporte l’esistenza di federazioni nazionali ed internazionali presentino analogie con il mondo dello sport tradizionale, la questione del riconoscimento di questa pratica come attività fisica e sportiva è ancora dibattuta; menzionava, inoltre, l’assenza di una prospettiva sull’impatto degli sport elettronici sulla salute e, in generale, la compatibilità di tali attività con le politiche pubbliche di lotta allo stile di vita sedentario e di promozione dello sport come attività anche di socializzazione.
Ad ogni modo, sono sotto gli occhi di tutti (come affermato dallo stesso ministro francese) le enormi potenzialità del settore a livello di reddito e di comunicazione.
Con riguardo a quest’ultimo aspetto, basta pensare a tutti quei grandi club calcistici [12] che hanno creato proprie squadre di e–gamers. Oppure basta analizzare i dati raccolti da uno studio riportato da ESPN [13], per il quale 427 milioni di persone seguiranno eventi di e-sportnel 2019. Od ancora, non può essere trascurato che gli sport elettronici saranno una disciplina a pieno titolo ai Giochi Asiatici del 2022 in Cina.
In conclusione, la portata del fenomeno economico-sociale oggetto di osservazione non potrà che portare, come avvenuto in Francia, ad interventi legislativi, sia a livello di governance istituzionale che privata, inseriti nell’alveo di politiche legate al mondo digitale. Parallelamente non potranno che svilupparsi professionalità legate alla gestione dei rapporti con mediae entertainment, alla contrattualistica dei giocatori, allo studio dei nuovi profili IP ed al managementdi grandi squadre e-sports.
Note
[1] Definizione tratta dal rapporto 2018 sul fenomeno e-sport in Italia condotto da AESVI in collaborazione con Nielsen.
[2] Una finale di Uefa Champions League può arrivare ad attestarsi sui 300 milioni di spettatori, mentre una finale di LOL (League of Legends), considerando i soli dati (verificabili) di Twitch e YouTube, sarebbe stata seguita da 2 milioni; tuttavia, secondo le stime provenienti dalla sola Cina, si parla di oltre 200 milioni di spettatori. Tutto ciò senza considerare l’indotto che ruota intorno agli sponsor– Amazon, Red Bull, Coca Cola, Google, Mastercard, Samsung per fare dei nomi – che compaiono come prodotti usati dai playerso come loghi sui capi di abbigliamento dei medesimi, oppure sui pannelli brandizzati o come titoli degli eventi, oltre che negli spotcommerciali, negli online bannerse negli online pop-ups.
[3] Introiti massicci che arrivano dallo stipendio del team, dagli abbonamenti (ai canali di live-streaming), dagli sponsor e dalle vincite ai tornei (che vanno dalle centinaia di migliaia di Euro ai maxi-premi da svariati milioni di Euro).
[4] L. 1321/2016, reperibile sulegifrance.gov.fr
[5] Nel sistema precedente, infatti, organizzare tornei di videogiochi con premi per i partecipanti ricadeva nell’ombrello normativo, e quindi nei divieti, delle lotterie e giochi d’azzardo.
[6] Solo una parte del guadagno può essere trattenuto dai genitori, in quanto l’ammontare residuo dovrà essere versato in un fondo vincolato sino al raggiungimento della maggiore età da parte del giocatore.
[7] Tali periodi sono stati calcolati dalla data (quando il giocatore, dunque, può trasferirsi in un altro club) del 20 novembre 2017, poi 19 novembre 2018, poi 18 novembre 2019, 16 novembre 2020 e via dicendo.
[8] Ad oggi non esistono enti super partes con un potere riconosciuto dagli stakeholders coinvolti nel mondo e-sports. Con riguardo alle associazioni rilevanti nel settore, oltre alla Wesa menzionata nel testo, si segnala la ESIC (Esport Integrity Coalition).
[9] La World Anti-Doping Agencyè una fondazionea partecipazione mista pubblico-privata, creata dal C.I.O.) nel 1999 per coordinare la lotta contro il doping sportivo. Tale agenzia ha redatto, e costantemente aggiorna, una lista di sostanze proibite per gli atleti, tra cui anche quei principi attivi in grado di stimolare e migliorare la capacità di concentrazione, ad esempio.
[10] Se la Corea del Sud è considerata la maggior fucina di talenti e-sports, il Giappone non può che essere la mecca del gamingalla luce delle potenze digitalivi nate e cresciute, come Sony, Nintendo e Sega. Tuttavia, malgrado la presenza delle più grandi società che operano nell’industria del gaming, tale paese non ha visto uno sviluppo altrettanto marcato della fruizione degli eventi di e-sport.L’ordinamento giapponese, infatti, presenta leggi molte severe che mirano a proteggere i più giovani dai modelli legati all’alcool, alla violenza (si pensi a certi video-giochi) o alle scommesse (per questo motivo tutte le forme di scommessa sono rimaste illegali per anni e così anche quelle legate al mondo del gaming). Questi paletti, dunque, si sono applicati anche ai tornei di gaming, ad esempio abbassando il tetto dei premi (addirittura fino a circa 900 dollari), così da, di conseguenza, frenare la crescita del fenomeno. Si segnala, comunque, che programmi legislativi ad hocsono annotati nell’agenda pubblica del Governo giapponese in concertazione con la Japanese eSports Union (JeSU).
[11] Nell’aprile 2017 la Gambling Commission – UK Regulatorha pubblicato un report (“position paper”) di 17 pagine sugli esports, in cui, oltre a evidenziarne i grandi rischi legati al c.d. match-fixing, precisava come l’esistente impianto normativo era già in grado di mitigarli.
[12] In Italia hanno aderito al trendU.C. Sampdoria, A.S. Roma, Cagliari Calcio, Empoli F.C., Parma Calcio, dotatesi di giocatori professionisti di video-gamedi calcio.
[13] Report di NewZoo riportato da ESPN (http://www.espn.com/esports/story/_/id/15508214/427-million-people-watching-esports-2019-reports-newzoo).
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