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Criptovalute: profili di diritto successorio

di Paolo Di Marcantonio

Il recente decesso del fondatore di una delle più importanti piattaforme di crypto-exchage, comunicato pubblicamente nel mese di gennaio 2019, ha scosso considerevolmente il mondo delle criptovalute.

Vani sono stati tutti i tentativi di effettuare transazioni sulla piattaforma in quanto, lo stesso fondatore, per conservare il massimo livello di sicurezza delle operazioni possibile, aveva previsto il controllo esclusivo delle transazioni effettuate dal proprio dispositivo portatile, prevedendovi all’interno diversi gradi di crittografia.

Dal giorno del decesso, come conseguenza, nessun utente del sistema ha potuto effettuare transazioni o richiedere la conversione delle valute digitali in valute legali, provocando il “congelamento” di 190 milioni di dollari.

Quest’ultimo evento, riportando alla luce una delle numerose criticità del mondo delle criptovalute, evidenzia meglio di altri la necessità di dotarsi di precauzioni prima di operare in un sistema così complesso. Nel caso in questione, un gestore “consapevole”, non avendo previsto alcuna procedura automatizzata per il caso di sua scomparsa o decesso, ha provocato il “fallimento” della più grande piattaforma di scambio di criptovalute del Canada.

  1. Difficoltà tecniche nell’accesso ai fondi

In materia successoria, ad oggi, ottenere l’accesso al conto bancario di un soggetto deceduto è un’operazione non particolarmente complessa per gli eredi del de cuius, grazie una normativa consolidata che può immettere nel possesso i soggetti effettivamente legittimati in maniera piuttosto celere, tutelando altresì la posizione degli istituti di credito.

Tuttavia, nel campo delle criptovalute – che fondano le loro basi sulla decentralizzazione e sull’anonimato – l’accesso alle quote ereditarie non risulta così immediato, evidenziando enormi debolezze (anche) in materia successoria.

Pur in assenza di un quadro normativo specifico in materia, si può tuttavia affermare con sufficiente certezza che anche i diritti di credito espressi in valute digitali abbiano natura patrimoniale, e dunque, sono in grado di rientrare a pieno titolo nella massa ereditaria oggetto di successione.

Saranno dunque gli eredi del de cuius a poter accedere a tali fondi; degli stessi si potrà disporre per testamento e, in mancanza di questo, si procederà alla divisione ereditaria secondo la normativa in tema di successione legittima.

Tuttavia, per entrare nell’effettivo possesso del patrimonio, i successori hanno la necessità di conoscere la chiave privata corrispondente all’indirizzo privato del portafoglio virtuale del de cuius ovvero la sua formula di decriptazione.

Le criptovalute basano, infatti, il loro funzionamento su complessi sistemi crittografici che rendono tendenzialmente anonimo l’utente sulle piattaforme di scambio, garantendo altresì lo stesso livello di anonimato e sicurezza ai conti deposito dei proprietari.

Senza la chiave crittografica è impossibile accedere ai fondi e, di prassi, nessuno possiede tale chiave se non il proprietario del portafoglio.

Il problema in questione si può teoricamente risolvere procedendo in uno dei due modi evidenziati:

– prevedere il recupero del dispositivo (ad esempio uno smartphone o una chiavetta USB) sul quale è contenuta la chiave crittografica,

– richiedere la collaborazione del gestore del portafogli. In tal caso, il gestore sarà obbligato a collaborare con gli eredi dell’utente per immetterli nel possesso di quello che è loro per diritto di successione, operando solamente nei limiti delle sue possibilità tecniche.

Al fine di garantire maggior sicurezza agli utenti, tuttavia, un numero sempre crescente di portafogli virtuali, sviluppato negli ultimi anni, viene gestito con procedure automatizzate che non consentono nemmeno ai fornitori del servizio di accedervi e di “forzare” il portafogli per conto degli eredi.

Ulteriori problemi possono sorgere nel caso in cui il de cuius, al momento della registrazione dell’account relativo al portafogli, non abbia fornito i propri dati proprio al fine di risultare anonimo nel sistema. In tal caso, il gestore del portafogli potrebbe tranquillamente rifiutare di collaborare, richiedendo a propria tutela la dimostrazione di essere gli effettivi titolari (nella veste di eredi) del portafogli “anonimo” gestito.

Al momento, le procedure appena citate sono le uniche che consentono di disporre delle criptovalute in caso di successione ereditaria; ciò evidenzia una palese lacuna di tutela in materia che costituisce, se vogliamo, la parte negativa dell’eccessiva libertà del sistema delle criptovalute.

Per ovviare a questo problema, si è teorizzato l’uso dei “paper wallet”, rappresentazione cartacea del conto virtuale, custodito in un luogo accessibile solo a seguito della morte del disponente, una sorta di testamento cartaceo per l’accesso alle valute digitali che andrebbe a collidere con il principio di dematerializzazione, anonimato e crittografia insito nell’uso delle criptovalute.

Dunque, con riferimento all’accesso dei legittimati alle quote testamentarie, ad oggi, il problema non risulta essere prettamente giuridico, ma tecnico.

  1. Rischi di elusione in materia successoria

La seconda importante lacuna in materia, sulla quale si auspica un intervento del legislatore, è la possibilità, da parte dei possessori di criptovalute di eludere i divieti previsti dalla normativa successoria italiana.

Il procedimento di acquisto ereditario si articola difatti in tre fasi, la vocazione, che designa tramite legge o testamento, coloro che dovranno succedere all’ereditando, la delazione, ovvero l’indicazione dei diritti, dei doveri e di altre situazioni giuridiche qualificate che vengono offerte ai successori, e l’accettazione, atto che salda retroattivamente il passaggio di titolarità dei rapporti facenti capo al de cuius.

La delazione, come disposto dall’art. 457 c.c., trova la propria fonte nella legge (successione legittima), o nella volontà del disponente (successione testamentaria); lo stesso articolo prevede altresì il divieto di disporre di una quota di patrimonio, per legge riservata ai legittimari.

L’ordinamento sancisce inoltre, ex. art. 458, la nullità degli accordi con cui un soggetto istituisce anticipatamente il proprio erede (patti istitutivi), nonché delle convenzioni aventi ad oggetto la disposizione o la rinuncia a diritti derivanti da una successione non ancora aperta (patti dispositivi e rinunciativi). Il sistema successorio si basa, infatti, sull’unilateralità degli atti; testamento, accettazione e rinuncia all’eredità costituiscono atti unilaterali, che si incrociano tra loro al fine di realizzare gli effetti successori.

I divieti poc’anzi evidenziati sono a duplice tutela: degli eredi a non ricevere un lascito dannoso da una parte, dei creditori del de cuius a non essere pregiudicati dalla vicenda successoria e dalla relativa confusione patrimoniale dall’altra.

L’utilizzo delle criptovalute, grazie all’anonimato, alla loro inespropriabilità ed impignorabilità (a differenza dei prelievi di contanti o dall’acquisto di gemme e metalli preziosi), potenzialmente permette l’elusione di tali divieti garantendo una più facile gestione del patrimonio ereditario.

Ciò che al momento non esiste, tuttavia, è una normativa specifica di contrasto all’uso fraudolento di questi strumenti; è dunque auspicabile che il legislatore, procedendo sulla scia di quanto fatto con il  c.d. “decreto semplificazioni”, consideri seriamente le modalità pratiche per mettere un freno a tale fenomeno.


Bibliografia:

CUCCURU, “Blockchain” ed automazione contrattuale. Riflessioni sugli “smart contract”, Nuova giur. civ. comm., 2017, 2, 107 e ss.

M. MORONE, “Bitcoin e successione ereditaria: profili civili e fiscali”, Giustizia Civile.com, 2018.

BOCCHINI, “Lo sviluppo della moneta virtuale: primi tentativi di inquadramento e disciplina tra prospettive economiche e giuridiche”, Diritto dell’Informazione e dell’Informatica, 2017,1, 27 e ss.

M.L. PERUGINI, P. DAL CHECCO, “Introduzione agli smart contract”, SSRN, 2016.


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