Biohacking, in equilibrio tra avanguardia e assenza di controllo
di Roberto Pelliccia
La porta aperta, la luce spenta. Dall’interno della stanza, neppure il basso ronzio della macchina in funzione. La seduta è terminata ormai da diversi minuti, eppure del ragazzo con i capelli neri e scarmigliati non c’è traccia. Siamo nel centro benessere Soulex Float, nella Downtown di Washington DC. E’ la tarda mattinata del 29 Aprile 2018. Il corpo di Aaron Traywick verrà ritrovato di lì a poco dal responsabile della Spa, all’interno della vasca di deprivazione sensoriale. L’autopsia parlerà di una morte per annegamento, le cui cause sono da ricercare, con tutta probabilità, nell’assunzione da parte di Traywick di una dose di ketamina 1 prima di immergersi nella vasca. La sua ex socia Kelly Martin, che contribuì a fondare la Ascendance Biomedical – di cui Traywick era il CEO, al momento della morte – ha espresso i suoi dubbi sulla natura accidentale del decesso, ponendo in evidenza una delle ultime dichiarazioni pubbliche dell’uomo.
Nel suo ultimo video, Traywick faceva riferimento ad una tecnologia al tempo in corso di sviluppo, nella sua impresa, che, a suo dire, avrebbe avuto un effetto “dirompente” nel multimiliardario mercato dei Big Pharma2. Traywick non era nuovo a questo tipo di annunci: da esperto del settore qual era – la sua formazione includeva studi di marketing, pubbliche relazioni e community engagement – sapeva bene come suscitare interesse ed elevate aspettative nei suoi ascoltatori.
Nel Febbraio del 2018, durante un meeting a tema biohacking ad Austin, Texas, Traywick lasciò di stucco i presenti quando, nel mezzo della conferenza, presentò la ricerca per una terapia genica sperimentale contro il virus dell’herpes iniettandosi il composto sperimentale direttamente nella coscia. Aspramente criticato dalla FDA 3, Traywick, da perfetto sconosciuto qual era, divenne in pochissimo tempo un riferimento all’interno della comunità dei biohackers.
Le sue posizioni lo rendevano inviso a buona parte della comunità scientifica e delle istituzioni, e il suo carattere e i suoi metodi contribuirono a mettergli contro buona parte della stessa comunità dei biohacker.
Lo storico biohacker Josiah Zayner, in un intervista per Buzzfeed 4, si riferisce a Traywick con queste parole: “Normalmente, la maggior parte dei biohackers sono considerati piuttosto folli, personaggi molto controversi, ma [Traywick] è stato il più controverso tra tutti i biohacker”. “Voleva solo buttare prodotti là fuori [sul mercato], non gli importava delle conseguenze, per lui o per altre persone”.
Queste parole mettono in evidenza uno degli aspetti caratteristici del movimento, ossia la rilevante frammentarietà denotata dalla presenza di molte correnti di pensiero e metodi di azione ben distinguibili gli uni dagli altri.
Ma andiamo con ordine. Innanzitutto, che cos’è il biohacking?
Si inizia a parlare di biohacking sul finire degli anni ’80, in un periodo in cui i più curiosi, tra i giovani del periodo con la fortuna di avere accesso ad un personal computer, muovevano i primi passi nel mondo dell’informatica. 5
I precursori degli attuali biohacker iniziarono ad associare lo spirito che caratterizza tipicamente gli hacker – curiosità, perfezionismo e l’intenzione di approcciarsi a problematiche complesse risolvendole, spesso, facendo affidamento al pensiero laterale 6– ad un interesse per la trasformazione ed il miglioramento del corpo umano, nelle sue funzioni e potenzialità.
Ciò che caratterizzò la comunità dei biohacker, fin dalla sua nascita, fu la determinazione nel perseguire quella che alcuni appartenenti al movimento definiscono una “democratizzazione della scienza medica”, da attuarsi, secondo alcuni, togliendo il monopolio nello sviluppo e nella distribuzione delle terapie alle case farmaceutiche. Per quanto riguarda i metodi, è possibile notare un richiamo alla dimensione hacker afferente l’universo digitale: era largamente condivisa un’etica “open source”, che prevedeva, attraverso la Rete, una libera e tendenzialmente gratuita circolazione delle scoperte.
Traywick portava all’estremo la ricerca diretta a queste finalità, dichiarandosi un sostenitore del transumanesimo 7e, in particolare della possibilità, per chiunque, di creare e somministrarsi trattamenti sanitari in completa autonomia, di fatto interpretando la ricerca di terapie geniche non solo come un auspicabile obiettivo di -a suo dire- interesse sociale, ma anche e soprattutto come un atto politico. 8
Emblematici della cultura biohacking ma, è il caso di sottolinearlo, non esaustivi del suo contenuto, i movimenti espressione della cosiddetta Do-it-yourself biology (altresì indicata come DIY biology) presero spazio contestualmente ad essa.
L’approccio DIY riguardava perlopiù casi di soggetti di elevata preparazione accademica e competenza tecnica affiancare ed istruirne altri senza alcun tipo di formazione medica specifica, al fine di svolgere un’attività di ricerca caratterizzata da minori costi, tempi esponenzialmente più brevi e una maggiore attenzione al diffondere conoscenza e innovazioni, piuttosto che a inseguire profitti e riconoscimento personale.
Argomenti di assoluto interesse, ma che ovviamente non possono e non devono oscurare necessità altrettanto rilevanti: tra le diverse, lavorare in un ambiente sicuro e testato.
Tutti possiamo apprezzare gli sforzi di un giovane Steve Jobs, che diede avvio ai suoi sforzi imprenditoriali iniziando dall’interno del suo garage, ma cosa penseremmo di una cura sperimentale contro un virus – uno qualunque, da quello causa del raffreddore o dell’herpes labiale a quello scatenante l’ebola, la SARS o l’influenza aviaria – creata nello stesso luogo?
Prenderemmo la decisione di inocularci un vaccino sviluppato in un contesto di questo tipo, o preferiremmo una soluzione proveniente da un iter consolidato, nonché da un soggetto che potremmo definire “istituzionale”?
Osservando la diffusione del fenomeno DIY bio si comprende come la risposta a queste domande non possa essere data per scontata e, anzi, debba sollecitare una serie di riflessioni. Tuttavia, come si è detto, il movimento del biohacking non è rappresentato esclusivamente da quelli che trent’anni fa avremmo definito come eclettici cyberpunk: l’immagine di ragazzi che nel buio della propria cambretta sviluppano cure mediche con un laboratorio fai-da-te, acquistato su internet per un migliaio di dollari 9, va dunque opportunamente corretta.
Per avere un’idea più chiara della situazione non serve andare lontano.
Nel corso dell’Estate 2019, le dichiarazioni di Elon Musk su Neuralink hanno richiamato l’attenzione degli appassionati di nuove tecnologie – e non solo – provenienti da tutto il mondo.
La Neuralink Corporation è una società statunitense di neurotecnologie, finanziata da Musk con un patrimonio di circa 100 milioni di Dollari, che sta sviluppando interfacce neurali impiantabili in un essere umano. L’imprenditore ne accennò la prima volta durante il World Government Summit di Dubai del Febbraio 2015.
“Nel tempo, credo che vedremo una più stretta integrazione tra l’intelligenza biologica e l’intelligenza digitale“.
Quattro anni dopo, la presentazione ufficiale. 10
Musk ha dichiarato di voler eseguire il primo impianto su essere umano entro il 2020, affermando che la tecnologia sia di fatto già pronta alla sperimentazione. Alla base del progetto di Neuralink, quello che viene definito “thread”.
Ogni thread è un filamento, spesso un decimo di capello, contenente 32 elettrodi lungo la sua superficie. Questi elettrodi, sfruttando il fatto che l’attività cerebrale si realizza per mezzo di impulsi elettrochimici, riescono ad interfacciarsi direttamente con il cervello umano, cogliendo ed inviando segnali.
Congiungendo un certo numero di questi thread – attualmente è possibile farlo con 96 filamenti, per un totale di 3.072 elettrodi concentrati in una singola zona – e applicando diversi di questi blocchi di filamenti direttamente nel cervello, l’obiettivo dichiarato da Musk è quello di creare una cosiddetta “Brain-machine interface” (BMI). 11
Attraverso la BMI, l’essere umano dovrebbe essere in grado di comunicare con una macchina esattamente come fa con il suo corpo.
Una prospettiva elettrizzante e futuristica, che nelle intenzioni dei suoi curatori porterà benefici all’umanità intera. Pensiamo alla possibilità di restituire la mobilità a pazienti paraplegici, la cui condizione è dettata dalla presenza di un’interruzione del midollo spinale che impedisce ai segnali provenienti dal cervello di raggiungere gli arti. La BMI promette di poter aggirare l’interruzione del midollo, conducendo il segnale elettrico cerebrale direttamente verso uno stimolatore impiantato sul muscolo. Quella appena citata, se concretizzata, non sarebbe definibile come una semplicemente innovazione, bensì come una vera e propria rivoluzione, nell’ambito della medicina.
Ma se in Musk e nei suoi soci albergasse lo spirito di un autentico biohacker, alla perenne ricerca di miglioramenti atti a ridefinire i limiti del corpo umano, in piena ottica transumanista?
In quel caso non dovrebbe stupire un passo ulteriore per questa tecnologia, diretta non più a risolvere problematiche di natura patologica, ma piuttosto a rimodellare i limiti umani di natura fisiologica.
Riusciamo ad immaginare impianti oculari in grado di integrare un vero e proprio zoom alla nostra vista, consentendoci di vedere come potremmo fare attraverso l’obiettivo di un potente telescopio? O impianti cocleari che ci permettano di percepire anche solo un bisbiglio a decine e decine di metri di distanza?
Questi risvolti, per quanto noto al grande pubblico attualmente non realizzati, rappresentano ciò che Musk ha descritto come “superhuman intelligence”, inquadrandoli non come una fantasia, ma come un obiettivo.
Opportunità probabilmente meno avvincenti ma di indubbio interesse sono quelle fornite da altre forme di biohacking, come quelle riguardanti le tecnologie NFC sottocutanee.
Un microchip di circa un paio di mm di lunghezza, impiantato 4 mm al di sotto dell’epidermide, può essere utilizzato per aprire porte di casa, auto, ufficio. I più diffidenti verso questo tipo di tecnologie storceranno il naso, a fronte di quello che può essere considerato come un plus assolutamente non necessario, ma pensiamo, ad esempio, ad un soggetto che ha perduto il senso della vista. Non è difficile, per qualcuno che deve adattare il suo quotidiano a determinate complicazioni, assegnare a questa invenzione un notevole valore.
Le tecniche di biohacking si diffondono e progrediscono giorno dopo giorno, sull’onda di un’attenzione per il settore sempre crescente.
Se da un punto di vista etico le valutazioni sono del tutto personali, da un punto di vista giuridico è lecito attendersi una presa di posizione che non è sempre immediata e, soprattutto, è significativamente diversa a seconda dell’ordinamento preso in esame.
Negli USA, nell’Ottobre 2017, la Food and Drug Administration (FDA) ha autorizzato la prima terapia sperimentale basata sull’editing genetico. 12
Contemporaneamente e da allora, decine di terapie analoghe – spesso documentate e rese pubbliche attraverso i social media -, frutto di sperimentazione clandestina, sono avvenute su suolo americano senza che le autorità ponessero in atto alcun tipo di intervento.
In accordo con la normativa attuale della FDA, l’auto-sperimentazione non ha caratteristiche di intrinseca illegalità, anche se non è dato sapere quale responsabilità possa profilarsi in capo ad un soggetto che si mostri pubblicamente all’opera, nel proprio laboratorio artigianale, e venga poi imitato da qualcuno che realizzi comportamenti dannosi in capo a se stesso o a terzi. Se l’imitatore morisse, sarebbe legittimo parlare di istigazione al suicidio? Non è possibile dare una risposta certa.
E se lo stesso biohacker decidesse invece di sperimentare una terapia di editing genetico su un soggetto terzo, magari ignaro o non completamente consapevole della pericolosità dell’esperimento?
Dubbi sull’effettività del consenso informato nascono all’ordine del giorno anche nel contesto di istituzioni ospedaliere consolidate, provocando non pochi problemi ai medici responsabili: è facile comprendere come, a maggior ragione, un consenso informato suscettibile di obiezioni sia quantomeno una possibilità, in una quadro di auto-sperimentazione.
Allo stesso modo non è chiarita l’esistenza di una responsabilità per la distribuzione di materiali e attrezzature sperimentali 13, in quanto attinente un settore non regolamentato dalle autorità internazionali.
Se anche, in linea teorica, dovrebbe essere reso noto alle istituzioni ogni episodio in cui si attui una sperimentazione su se stessi, nella pratica è impossibile assicurare che ciò avvenga.
Cambiando Stato, e spostandoci nel Vecchio Continente, troviamo l’antitetico esempio della Germania. Lì il biohacking è stato dichiarato illegale, e gli esperimenti clandestini possono essere sanzionati con una multa fino a 50 mila euro o tre anni di carcere.
Quello tedesco non è il solo esempio di reazione intransigente a questo genere di tematica: l’agenzia mondiale antidoping ha espressamente vietato qualunque forma di editing genetico sugli atleti – anche se, come si è detto sopra, non è stato reso nota come sia possibile rendere effettivo questo tipo di divieto. 14
In Italia?
I gruppi di biohacker presenti sul territorio nazionale non godono della stessa eco mediatica dei colleghi stranieri, in particolare di quelli statunitensi.
Sulle pagine internet relative al gruppo “Biohackers Italia” quel che si coglie è un approccio più focalizzato su rimedi poco o nulla invasivi e tendenzialmente naturali – sono consigliate, ad esempio, diverse diete, oltre ad una specifica modalità di gestione dei ritmi del sonno -.
Il gruppo appare attivo sulle piattaforme social e organizza, in alcune grandi città come Milano e Roma, periodici incontri per discutere delle ultime novità in tema di biohacking.
Forse è proprio a causa del fatto che il movimento italiano ha optato per uno stile meno aggressivo e dirompente di quello impiegato in altri Stati che il tema non si è ancora imposto come prioritario, all’interno degli ambienti istituzionali che si occupano di elaborare, ove si reputi necessario, un’adeguata regolamentazione.
Se ci si vuole lanciare in previsioni, appare lecito affermare che il biohacking faccia parte del nostro futuro, che lo si voglia oppure no.
Appoggiandosi ad un termine spesso richiamato nella cultura anglosassone, questo movimento è stato definito, tra le altre cose, come uno strumento di empowerment. Un mezzo in grado di aprire le porte della conoscenza alla società nella sua totalità, incentivando una partecipazione il più omnicomprensiva possibile nel dibattito e nelle decisioni in ambito tecnico-scientifico. Inoltre, alcune delle nostre più rivoluzionarie conquiste scientifiche provengono da menti al di fuori degli ambienti ufficiali.
Tuttavia, se di potere si intende parlare, è bene ricordare che esso non può prescindere dalla consapevolezza.
Solo essendo consapevoli di chi siamo, e di dove siamo, ci poniamo nella condizione di comprendere in quale direzione possiamo dirigerci e, a volte, fin dove possiamo arrivare.
La scienza è una moneta con due volti, e possibilità e rischi – questi ultimi mai del tutto eliminabili, ma sicuramente riducibili – non appaiono scindibili se non imparando, prima ancora che dai nostri errori, da chi ha tentato e sbagliato prima di noi.
Queste cognizioni forse non saranno prerogativa esclusiva degli ambienti accademici, ma difficilmente potranno essere frutto di improvvisazione.
Che sia intrapreso in un laboratorio costituito con risorse multimilionarie, o con con mezzi alla portata di chiunque, ogni biohacker dovrebbe tenere a mente che esistono molti percorsi alternativi, verso la conoscenza, ma nessuna scorciatoia.
NOTE
1 La Ketamina è un anestetico spesso aggiunto in qualità di adulterante ad altre sostanze, come l’LSD – un potente allucinogeno -, al fine di abbassarne il costo complessivo di produzione o modificarne alcune proprietà.
2 Video in cui Aaron Traywick discute di alcune delle innovazioni alle quali l’Ascendance stava lavorando, al tempo in cui il video fu registrato. Quella ritrovabile al link è l’intervista completa, pubblicata da News2Share.
https://www.youtube.com/watch?v=p6PBarqWMBE
3 La Food and Drug Administration è l’ente governativo statunitense incaricato della regolamentazione e della vigilanza sulla sicurezza dei prodotti alimentari e farmaceutici.
Dipende direttamente dal Dipartimento della salute e dei servizi umani degli Stati Uniti d’America.
Nelle ore seguenti alla diretta streaming, la FDA diffuse un comunicato sulla pericolosità della dimostrazione, pur non citando espressamente l’hacker e la sua impresa.
“La vendita di questi prodotti è una violazione della legge. L’FDA è preoccupata per la loro sicurezza e per i rischi connessi”.
4 Le dichiarazioni sono estratte da questo articolo di Buzzfeed, aggiornato il 1 Maggio 2018, due giorni dopo la morte di Traywick.
https://www.buzzfeednews.com/article/stephaniemlee/aaron-traywick-biohacker-died
5 Esula dal tema dell’articolo, ma chi vi scrive si sente di consigliarvi questa intervista a Raoul Chiesa dal titolo “Raoul Chiesa: l’hacking alla fine degli anni ’80”. La sua prospettiva, i numerosi aneddoti e la sua esperienza – di vita, oltre che professionale – credo possano risultare interessanti e significativi, per il lettore.
https://www.youtube.com/watch?v=QyvwSuc6Vbo
6 Il termine “lateral thinking” è stato coniato dallo scrittore, medico e psicologo Edward de Bono nella sua prima opera “The Use of Lateral Thinking”, pubblicata da Jonathan Cape, Londra, UK, 1967.
7 Il transumanesimo è un movimento culturale che sostiene l’uso delle innovazioni scientifiche e tecnologiche per aumentare le capacità fisiche e cognitive dell’essere umano, contrastando gli effetti della condizione umana considerati indesiderabili, come malattia e invecchiamento.
https://it.wikipedia.org/wiki/Transumanesimo
8 Al link che segue una breve intervista a Traywick, durante la quale emergono le idee alla base della sua iniziativa.
https://www.technologyreview.com/s/609568/biohackers-disregard-fda-warning-on-diy-gene-therapy/
9 Nell’articolo di Wired cui viene riportato il link vengono raccolte alcune esperienze di soggetti che hanno costruito apparecchiature da laboratorio professionali con costi sensibilmente più bassi di quelli che le aziende del settore affrontano, mediamente, per svolgere ricerca in ambiti affini.
https://www.wired.com/2011/08/mf_diylab/
10 Al link che segue, la presentazione di Elon Musk dello stato attuale della ricerca, delle motivazioni che la sostengono e delle ambizioni del progetto.
https://www.youtube.com/watch?v=lA77zsJ31nA
11 Nell’articolo di Scientific American del quale è riportato il link sono indicati i dettagli tecnici del progetto.
12 Nell’articolo che segue, alcuni dettagli riguardanti la prima terapia di editing genetico approvata dalla FDA.
https://gizmodo.com/an-fda-panel-just-greenlit-a-breakthrough-gene-therapy-1819412787
13 Josiah Zayner, CEO di Odin – startup attiva nel campo del biohacking -, vende attraverso il sito della propria compagnia dei kit fai-da-te per costituire il proprio laboratorio medico.
Il blando messaggio (di avvertimento?) che precede quella che sembra essere una breve guida, attraverso le basi della ricerca biomedica amatoriale, è questo:
“I am going to be honest here, Science is not easy. Tomorrow you won’t be a Biohacker or a Scientist contributing to cutting edge research but I have seen people go from very little knowledge to performing experiments that Ph.D. students would be doing in less than 6 months. If you have lots of free time or dedication I imagine that in a month’s time you could be exploring interesting and unique Scientific questions.”
Di seguito, il link della pagina in oggetto.
http://www.the-odin.com/how-to-get-started
14 Di seguito, il link della notizia relativa alla decisione dell’agenzia mondiale antidoping.
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